Da tempo la giurisprudenza civile, soprattutto di merito, dibatte sulla portata della nuova riforma del condominio e soprattutto dell’art. 63 delle disposizioni attuative del c.c., nella parte in cui riconosce all’amministratore la possibilità di effettuare il distacco d’utenza del condomino moroso da almeno 6 mensilità. Così recita nello specifico “In caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un semestre, l’amministratore può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato”. Per questi ultimi ci si riferisce al possibile distacco dell’impianto di riscaldamento, dell’acqua, nonché ad esempio dell’ascensore., e così via.
A riprova dei diversi orientamenti, il Tribunale di Milano, con ordinanza del 24.10.2013, aveva ritenuto illegittima la sospensione del servizio di riscaldamento, in quanto bene primario costituzionalmente protetto.
Di contro, una siffatta interpretazione non era stata ritenuta condivisibile (Tribunale di Roma, ordinanza del 27 giugno 2014; Tribunale di Brescia, ordinanze del 17.02.2014 e del 21.05.2014), tanto è vero che era stato ordinato al condomino moroso di consentire ai tecnici incaricati dal condominio la sospensione della fornitura del riscaldamento, mediante ingresso all’interno dei locali di loro proprietà e mediante interruzione dell’afflusso dell’acqua calda.
Il punto chiave della questione ruota naturalmente attorno all’importanza di alcuni servizi, anche in relazione al diritto alla salute, quali l’acqua o il riscaldamento, a differenza di ipotesi facilmente ovviabili come l’accesso al garage, al campo da tennis o l’utilizzo dell’ascensore.
A dirimere il contrasto, che sembrava essere indirizzato verso il riconoscimento di un potere autonomo da parte dell’amministratore, indipendentemente da una richiesta giudiziaria (di solito cautelare), è intervenuta la sentenza n. 47276/2015 della Cassazione Penale del 30.11.2015, per cui è stato riconosciuto quale esercizio arbitrario delle proprie ragioni ex art. 392 c.p. l’intervento dell’esecutore che distaccava la corrente elettrica di un condomino moroso. Nelle motivazioni della sentenza la Suprema Corte di Cassazione, oltre a ritenere sussistente il dolo generico dell’autore, non poteva che porre l’accento sull’art. 63 comma 3 delle disp. att. c.c. e col suo rapporto con l’art. 392 c.p.c. A tal fine ha rilevato come il discrimine fra l’esercizio della facoltà riconosciuta all’amministratore ed il rischio di incorrere in un fatto a rilevanza penale è legato al preventivo ricorso al giudice civile, che quindi risulta fondamentale e necessariamente obbligatorio.
per cui per non incorrere in profili penali l’amministratore sarà tenuto a richiedere al giudice l’autorizzazione al compimento di detti atti, quale sigillo di legittimità del suo operato.
E’ evidente che questa soluzione svuota il valore di quanto innovato con la riforma del condominio, che quindi appare ancor di più necessitata di una nuova riforma.
A tal fine appare opportuno rilevare come sarebbe corretto distinguere l’oggetto del distacco, fra beni essenziali e beni non essenziali, così da permettere un nuovo ampliamento di quanto riconosciuto all’amministratore dall’art. 63 disp. att. c.c., senza che ciò incida a livello penale.
Qui puoi trovare la sentenza n. 47276/2015 Cass. Penale 30 Novembre 2015 : http://www.studiocataldi.it/allegati…to_20226_1.pdf