Avevamo scelto di promuovere ai Workshop di cui siamo stati onorati di gestire alla corrente edizione del Salone della Giustizia l’attuale e discusso tema delle rappresentanze forensi: mai scelta si è rivelata così puntuale.
Abbiamo infatti letto un grido di alcune associazioni forensi, in particolare del Movimento Forense, circa la violazione delle regole di costituzione democratica e partecipativa delle rappresentanze dell’Avvocatura, ed in particolare dell’Organo Politico.
Ma cosa e quali sono gli organi di rappresentanza politica dell’Avvocatura, e soprattutto a cosa servono?
La domanda, apparentemente banale, contiene anche la risposta al perché l’Avvocatura conta così poco nell’azione legislativa e governativa, il che è sotto gli occhi di tutti.
Dalla data di costituzione dei Consigli dell’Ordine, risalente al 1944, gli avvocati hanno sentito il bisogno di riunirsi in congresso nazionale: il primo fu convocato nel novembre 1947 sotto la presidenza di Piero Calamandrei.
Dal Congresso di Trieste del 1955 il congresso venne convocato regolarmente con cadenza almeno biennale. Alla 1 Conferenza Nazionale del 1992 si discusse della creazione di un organo di rappresentanza politica dell’Avvocatura: e quindi nel settembre 1995 al Congresso di Maratea venne creata l’OUA, “Organismo Unitario dell’Avvocatura”.
L’OUA è a tutt’oggi l’organo di rappresentanza dell’Avvocatura, e non ha certo brillato per i risultati ottenuti. La massiva, incontrollata e scoordinata produzione legislativa in cui oramai annegano gli avvocati ne è la dimostrazione. Manca soprattutto la unitarietà della rappresentanza, messa in discussione dalle frange associativiste in deriva autonoma.
Con la Riforma della legge professionale forense (la tanta discussa L.247/2012) si cambia: l’art. 39 normativizza il Congresso Nazionale Forense e l’organismo (non necessariamente OUA) chiamato a dare attuazione ai deliberati congressuali, lasciando alla massima assise dell’avvocatura (il Congresso) libertà per decidere le proprie norme regolamentari e per eleggere l’organismo di rappresentanza politica.
Chi sarà questo organismo? Le risposte che stanno emergendo dal tessuto verticistico delle rappresentanze ci fanno tremare.
Il CNF, cui la 247/2012 ha La nuova legge professionale forense riserva “in via esclusiva” al Consiglio nazionale la rappresentanza istituzionale dell’Avvocatura a livello nazionale, e quindi l’onere di promuovere i rapporti con le istituzioni e le pubbliche amministrazioni competenti (Art. 35, comma 1, lett. a), ne rivendica il diritto.
L’OUA trema per le sue sorti, poiché nel frattempo nella Consulta degli Ordini territoriali (la cd “Agorà”) che agisce di conserva al CNF, con il decisivo impulso del Consiglio dell’Ordine di Roma, è in odore di essere liquidato in favore di un organismo promanante da un Congresso costituito con regole che tagliano fuori la “base” dell’Avvocatura.
Riporto uno stralcio del comunicato del Movimento Forense, da cui si intende chiaramente cosa starebbe per accadere in occasione del prossimo Congresso Nazionale Forense di Rimini:
“Obiettivo dell’attuale maggioranza dell’Ordine degli Avvocati di Roma è quello di sfiduciare l’Organismo Unitario dell’Avvocatura – di cui in modo emblematico il COA Roma attualmente esprime addirittura il Segretario e numerosi delegati – e creare un organismo di rappresentanza politica a sua immagine e somiglianza, ancora meno rappresentativo dell’attuale ma di più facile controllo e gestione. Questo è il fine della maggioranza dell’Ordine di Roma che vede Vaglio, Di Tosto e Galletti (attuale difensore dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura nel procedimento avverso le specializzazioni) ai vertici.
Infatti, nel disegno dei Grandi Ordini e della maggioranza del COA Roma c’è la volontà di creare un nuovo organismo politico con 50% di quote riservate ai Presidenti COA e rendere obbligatorio (pensate proprio chi votava anni fa contro il pagamento dei debiti romani all’OUA ed ora lo rende facoltativo) il contributo a questo nuovo Organismo politico per tutti gli iscritti.”
L’impressione è quindi che l’accentramento della rappresentanza politica dell’Avvocatura ai vertici istituzionali finirà per rendere la stessa un centro di potere autoreferenziale, e quindi destinato a sposare le dinamiche delle lobby politiche che hanno praticamente portato alla distruzione il Ministero dell’Avvocato riducendolo ad impotenza e povertà.
E’ evidente che solo un cambiamento di vertice potrà consentire di fermare questa vergognosa deriva evitando una siffatta ingloriosa fine della professione forense.
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