Pubblico la email ricevuta ieri dal Consigliere dell’Ordine Avv. Isabella Maria Stoppani con la quale viene denunciata la situazione di gravi irregolarità determinate dalla maggioranza del Consiglio e manifestate serie perplessità sull’ordine del giorno della Assemblea Straordinaria convocata dal COA per la data odierna.
Avv. Isabella Maria STOPPANI
Cari Colleghi,
sento il bisogno di rappresentarvi l’attuale situazione del nostro Consiglio dell’Ordine, che ritengo mortificante.
Come ricorderete, sono stata eletta nella lista insieme alle attuali cariche del Consiglio. Il mio intento era ed è solo quello di prestare un servizio all’Avvocatura romana.
Purtroppo la mia coscienza si è ribellata di fronte a sempre più frequenti comportamenti irrispettosi dei più elementari principi di trasparenza e correttezza che devono regolamentare i procedimenti amministrativi di un ente pubblico, qual è appunto il Consiglio.
Ho dovuto stigmatizzare che non poteva continuare a svolgere servizio in prorogatio una ditta alla quale si voleva aggiudicare al di fuori delle regole la gara di appalto; molti provvedimenti approvati nonostante il mio motivato voto contrario, sono stati oggetto di sentenze sfavorevoli per il Consiglio, sia del Tar che del Giudice del Lavoro, e, cosa gravissima per un ente pubblico, a molte non è stata data la doverosa esecuzione.
Va ricordato tra i tanti il caso della interruzione del concorso per l’assunzione di alcuni dipendenti a tempo indeterminato, senza modificare la pianta organica ed utilizzando personale precario, assunto ad libitum e senza regole.
Il mio atteggiamento rispettoso delle regole ha provocato una reazione che è poco definire impropria. Stenterete a credere, ma mi è stato tolto il saluto, unica donna in Consiglio mi è stata tolta la delega sulle Pari Opportunità.
Mantengo i rapporti internazionali, ai quali a suo tempo sono stata delegata, solo perché pago personalmente le trasferte e le iscrizioni a congressi e convegni ai quali vengo invitata quale rappresentante del Consiglio dell’Ordine di Roma, quando invece il Consiglio sopporta grosse spese di rappresentanza per occasioni “nazionali”.
Mi dicono che sono passata all’opposizione, concetto questo difficile da coniugare con un collegio di un ente pubblico, sicuramente non politico, che ha come finalità quella di dare un servizio e di vigilare sulla correttezza dell’esercizio professionale.
Non solo non vengo più salutata, ma sono anche oggetto di continue aggressioni verbali di ogni genere. Se non ho ritenuto di dimettermi è solo per il rispetto dei tanti Colleghi che mi hanno eletto e di quanti mi incoraggiano.
Purtroppo in particolare a Roma la spaccatura tra quanti gestiscono e quanti vorrebbero controllare ha raggiunto livelli patologici, basti pensare che un consigliere se vuole leggere documenti non resi disponibili, viene invitato a fare l’accesso agli atti, che peraltro spesso non viene concesso.
In compenso il Consiglio elargisce crediti formativi e deontologici per la visione di film o per convegni su argomenti del tutto estranei all’attività formativa, come da ultimo quello sui regimi alimentari….
Il Consiglio risulta ridotto ad una sorta di dopolavoro, che si preoccupa di offrire, anche con apposite comunicazioni sulla PEC, convenzioni ed offerte per ristoranti, palestre, vini, teatri e così via, cosa peraltro lodevole ove si trattasse, anziché di un ente pubblico, di una associazione tra professionisti.
Lo stesso giuramento dei nuovi iscritti si è trasformato in un momento di propaganda quando invece il carattere solenne della cerimonia dovrebbe comportare il massimo rigore istituzionale.
Una maggioranza elettorale fedele ai suoi capi non sembra pertanto essere il miglior modo di gestire un ente esponenziale di una categoria professionale, ma la convinzione degli attuali detentori del potere all’interno del Consiglio è di segno diametralmente opposto. E’ per questo che la battaglia democratica vinta da me anche in rappresentanza di tanti Colleghi ed insieme alle principali associazioni nazionali di avvocati, è stata duramente avversata dall’attuale maggioranza consiliare, che avrebbe voluto far votare, con un clic informatico, l’intera lista di 25, così da non avere contraddittori all’interno della compagine consiliare.
Il Tar ha riconosciuto l’illegittimità del Regolamento che consentiva lo stravolgimento di ogni regola democratica, in palese contrasto della legge alla quale il regolamento elettorale avrebbe dovuto dare attuazione e come già statuito dalle Commissioni parlamentari, che avevano giustamente rilevato l’illegittimità della proposta di regolamento proprio con riferimento alla previsione di voto totalitario.
Com’è noto, il Ministro sembra orientato a voler rendere ancora più democratica la composizione dei Consigli degli Ordini forensi, in linea con quanto previsto dalla legge e ribadito dal giudice amministrativo.
E’ abbastanza ovvio che Presidenti degli Ordini votati con regole annullate dal Tar, Presidenti che avrebbero voluto essere rieletti con le stesse regole annullate, insistano per far votare l’intera compagine.
Anche l’escamotage del ricorso a decisioni assembleari, con la convocazione per il 17 dicembre dell’Assemblea degli avvocati iscritti a Roma, è solo apparentemente il ricorso ad un metodo democratico per adottare decisioni, giacchè i partecipanti all’assemblea sono a Roma poco più dell’ 1% degli iscritti.
Pertanto, la mozione che si vorrebbe far votare dall’assemblea per rappresentare al Ministro la posizione dell’Avvocatura romana nel senso di consentire una maggioranza “bulgara” al Presidente, non sarebbe espressione se non dei soliti “aficionados”.
A ben vedere, la scelta è tra una gestione sostanzialmente incontrollata da parte di un solo soggetto leader che insieme ai suoi eletti occupa l’istituzione e una diversa impostazione del Consiglio, dove sono rappresentate tutte le componenti del variegato mondo forense, che trovano accordo su una personalità di altro profilo, capace di dare dignità e prestigio all’ordine professionale.
Vi auguro un sereno Natale.
Roma, 15 dicembre 2015