La trama della vicenda Monte dei Paschi/Banca Antonveneta inquieta i cittadini che credono nelle istituzioni, non si rassegnano al declino morale ed economico della società italiana e, quando occorre, sollecitano fiduciosi l’intervento delle autorità.
La pratica professionale di avvocato in Roma mi ha consentito di fare un’esperienza che metto a disposizione dei risparmiatori.
Nell’ambito di una procedura fallimentare, ho appreso e sottoposto all’attenzione dapprima del giudice delegato, in seguito della vigilanza della Banca d’Italia e della direzione del Monte dei Paschi, un episodio che merita divulgazione.
La Banca Antonveneta, creditrice della società fallita di circa due milioni di euro, ha ceduto il credito ad una società finanziaria.
L’operazione è perfettamente lecita ed è praticata frequentemente quando le prospettive del recupero sono modeste e la cessione consente alla banca quanto meno di sistemare il bilancio realizzando un corrispettivo esiguo.
Le circostanze della cessione illustrate nei miei rilievi, tuttavia, consentono di ritenere che la cessione sia stata fortemente squilibrata in favore della società acquirente.
La cessione di credito non è un contratto aleatorio, diversamente, ad esempio, dal contratto di assicurazione che implica, per la natura del rapporto, il fattore del rischio negoziale, e ritenendo che il contratto, nella circostanza, possa essere contestato allo scopo di riequilibrare i termini del rapporto, ho proposto le mie considerazioni al giudice e alla banca, suggerendo di accertare, a tutela della banca e dei risparmiatori, il prezzo di cessione e la praticabilità della contestazione.
Il giudice ha respinto il mio suggerimento e la banca non ha risposto.
Essendo impegnato nella società e in politica con il Nuovo Mille, associazione di cultura liberale e giornale on line, e credendo fermamente nel principio costituzionale di sussidiarietà, che prevede l’intervento personale del cittadino, ho esposto la materia sia alla vigilanza della Banca d’Italia, che al dr. Alessandro Profumo, presidente del Monte dei Paschi, istituto teoricamente interessato nel conto economico della Banca Antonveneta.
Ambedue mi hanno molto elegantemente risposto di farmi gli affari miei.
Della efficienza della vigilanza, in realtà, non ho motivo di nutrire una grande considerazione, perché in almeno due precedenti occasioni, costituite da avventurose operazioni a leva finanziaria particolarmente onerose per le banche, i risparmiatori, il fisco e la previdenza sociale, e meritevoli, quindi, secondo il mio modesto avviso, prima di accertamento e poi di intervento sul sistema bancario e di segnalazione all’autorità giudiziaria, la vigilanza si è dimostrata indifferente alle segnalazioni.
Eppure i dissesti sono clamorosi e il sistema bancario ha subito gravi perdite.
Chi le pagherà?
Sempre e soltanto gli utenti?
Pure la politica, con la lodevole eccezione del senatore Stefano De Lillo, che, allertato in particolare su una questione di rilievo miliardario (in euro), ha raccolto la mia sollecitazione ed ha presentato una interpellanza parlamentare, non si è mai dimostrata molto attenta finora alla invadenza distruttiva della finanza internazionale.
Per la verità anche Magdi Cristiano Allam in un recente convegno ha confermato, a chiare note, l’esattezza di un mio rilievo sulla conflittualità latente tra finanza e sviluppo economico europeo e mediterraneo in particolare.
L’episodio raccontato è marginale rispetto al dissesto della banca, ma è emblematico di modalità operative che richiedono un immediato cambiamento, tanto più che i risparmiatori interessati possono agire in via surrogatoria. Le carte sono a disposizione.