I primi giorni di aprile vengo a conoscenza di un fatto molto grave per l’avvocatura italiana: in data 21 marzo si è svolta la prima riunione di un Tavolo tecnico presso il Ministero della Giustizia definito “Doing Bussines” in materia di semplificazione del processo di cognizione e delle procedure esecutive.
Ebbene a questo tavolo sono stati inviatati Confindustria; Assonime, ANIA, Confcooperative, ABI, Banca Italia, Confcommercio, Consiglio Nazionale Notariato, due accademici consulenti del Ministero, Ministero Giustizia, Ministero Sviluppo Economico, Ministero Economia e Finanze, ma non risultano invitati gli Avvocati ed i Magistrati.
Passi per i secondi – notoriamente insediati all’interno del Ministero e nel Gabinetto del Ministro – ma reputo molto grave che venga concepita una riforma del Codice di Procedura Civile senza l’intervento autorevole e competente della Avvocatura.
Proprio per questo, di fronte all’inerzia degli Organismi rappresentativi dell’Avvocatura, con il Movimento Forense ho lanciato attraverso il social media TWITTER, una forma di protesta civile: l’invio al Ministero della Giustizia di una e-mail avente il seguente oggetto RIFORMA CPC IO NON SONO STATO INVITATO.
Contestualmente ho provveduto ad informare il CNF e L’OUA, completamente all’oscuro del predetto tavolo.
A seguito del clamoroso successo dell’iniziativa nazionale del Movimento Forense, supportata da alcune associazioni tra cui l’Associazione Forense Emilio Conte, la Commissione Giustizia del Senato, su iniziativa del Sen. Li Gotti, convocava il sottosegretario Zoppini per chiarire le ragioni dell’indebita esclusione degli Avvocati dal Tavolo di Riforma del Processo Civile.
L’audizione si rivelava un vero flop per il Ministero tanto da alimentare ancora di più la consapevolezza che il famigerato tavolo fosse stato organizzato dai poteri forti con la scientifica esclusione degli avvocati.
Questa imbarazzante situazione determinava il necessario e tardivo intervento del Ministro Severino la quale, con una dichiarazione, finalmente chiosava che non ci sarebbero più stati tavoli costituiti e costituendi senza la presenza degli avvocati.
Nelle more, sempre con il Movimento Forense, ho iniziato la raccolta delle centinaia di proposte di riforma del CPC pervenute dagli avvocati “in trincea”, pronti a determinare la prima riforma democratica della giustizia.
Reputo quanto accaduto emblematico della grave condizione in cui versa l’avvocatura e della irreversibile crisi di rappresentanza e rappresentatività dei nostri organi istituzionali.
Occorre fare lobby, scendere dai piedistalli su cui si trovano i nostri rappresentanti istituzionali, è necessario conferire alla nostra azione passione, forza e – forse – anche sfrontatezza per risollevare la nostra amata professione e riconferire agli avvocati quel giusto ruolo sociale che compete.