Nessuna luce ancora sui minimi contributivi imposti ai circa 60mila avvocati iscritti agli albi, senza avere tuttavia iscrizione alla Cassa di previdenza forense. Un attributo quest’ultimo concepibile prima dell’approvazione della riforma forense, ma oramai largamente declassato dall’obbligo di iscrizione all’istituto previdenziale che si prospetta per tutti gli avvocati, a prescindere dal reddito. Il regolamento attuativo, garantito entro tempistiche celeri, in realtà sembra destinato a tardare e quasi certamente non arriverà prima dell’avvio dei mesi estivi. Quella che si sta cercando è dunque una soluzione volta ad evitare un’aggiuntiva penalizzazione per i giovani avvocati a secco a causa della crisi, ma che al contrario sia finalizzata alla tutela effettiva del principio sancente l’obbligo contributivo.
Se oramai è evidenza assodata che sino all’emanazione del regolamento nulla sarà dovuto dai legali sotto i minimi, così come specificato dalla stessa Cassa previdenziale, non risulta ancora pienamente chiaro né il quantum e né quandodovrebbe essere previsto l’avvio dei versamenti. Con specifico riferimento alla norma, l’articolo 21, al comma 8, dellalegge di riforma dispone che ”l’iscrizione agli Albi comporta la contestuale iscrizione alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza Forense“. Il disposto pertanto rende ora l’iscrizione alla Cassa, già prevista obbligatoriamente per tutti gli iscritti agli Albi che esercitino la professione con carattere di continuità (e cioè raggiungano prefissati limiti minimi di reddito o di volume d’incombenze professionali), interamente coincidente con il momento dell’iscrizione agli Albi, a prescindere dai parametri reddituali.
Offerte queste premesse, il comma 10, dell’articolo 21 anticipa, per tutti gli iscritti agli Albi, come non risulti più ammessa l’iscrizione ad altra forma alternativa di previdenza obbligatoria, decretando dunque l’ufficiale addio anche alla gestione separata Inps, a cui precedentemente potevano iscriversi i professionisti sotto soglia che ora sono invece tenuti ad attendere chiarimenti dall’istituto di previdenza con la preoccupazione di eludere buchi contributivi. Allo studio della Commissione creata ad hoc si presentano ora svariate ipotesi: da quella che presuppone la previsione del versamento successivo del contributo, quando cioè l’avvocato sarà riuscito a raggiungere un compenso tale da permettersi il pagamento, alla congettura che ipotizza di tenere molto bassa la soglia ( al di sotto dei mille euro) per i versamenti dei nuovi entranti, fino a giungere alla supposizione di un regime di esenzione per i primi due o tre anni.
L’Oua, l’Organismo unitario avvocatura italiana, punta tutto sulla post-erogazione dei pagamenti. Il 22 marzo scorso intervenendo alla tavola rotonda sull’iscrizione obbligatoria organizzata dall’Aiga, l’Associazione italiana giovani avvocati, tenutasi a Catanzaro a margine del Consiglio nazionale, Carlo Maria Palmiero dell’Oua, nelle veci di Nicola Marino, ha ricordato infatti che “il Congresso non ha espresso alcuna contrarietà circa l’iscrizione automatica alla Cassa Forense indipendentemente dal reddito ricavato”.
Tuttavia, “a tutela dei giovani” la Mozione 19 ha richiesto l’istituzione di “aliquote progressive per tutti gli scaglioni, escludendo ogni forma di contributo minimo fisso, contrastante col principio di progressività impositiva, onde consentire ai giovani professionisti con redditi medio bassi di versare una contribuzione equamente determinata in relazione al reddito reale”. Dal momento, però che “in ogni caso, un minimo va valutato in ragione delle esigenze attuariali e delle prestazioni assistenziali e previdenziali” risulta quindi ben accetta “una post-erogazione o dilazione del dovuto per i primi tempi, onde assicurare, nella quiescenza, un minimo dignitoso a coloro che, in mancanza, in vecchiaia non riceverebbero nulla da alcuno”. Una posizione questa, termina il suo discorso Palmiero, che “Cassa Forense ha dichiarato di voler introdurre”.