Nonostante la segnalazione della scorsa consiliatura con la predisposizione della delibera del 25/10/2018 in tema di vincolatività del parere consiliare, quello che si verifica in Italia per la determinazione e liquidazione dei compensi forensi è insensato ed inammissibile.
Per questo AFEC ne ha fatto un punto centrale del proprio programma e vuole mantenere il proprio impegno nel progetto di collaborazione con il COA.
Il sistema, con l’avallo delle S. U. della Cassazione (4485/2018) prevede, in un sistema che non ha un regolamento tariffario dopo l’abrogazione delle tariffe per effetto dell’art. 9 della L. 27/2012, la sovrapposizione di tre riti.
Proprio in conseguenza del decreto “semplificazione dei riti” (art. 14 del d.lgs. n.150 del 2011), la controversia può essere introdotta con il ricorso di cui all’art.28 della legge n. 794 del 1942, con il ricorso ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c. o con il ricorso per decreto ingiuntivo.
In tutto questo i Giudici, con argomenti tutt’altro che deboli, hanno di fatto ritenuto svuotato il ruolo del COA nell’opinamento delle parcelle che, ricordiamo, prima del decreto liberalizzazioni del 2012
Il COA ha già osservato: “Nella recente sentenza delle Sezioni Unite il ricorso per decreto ingiuntivo, richiamando l’art. 28 del d.lgs. n. 150/2011, è ancora individuato come “prima scelta” dal momento che la via del rito di cognizione sommaria è praticabile dall’avvocato “… se non intende seguire il procedimento di cui agli artt. 633 e ss. del codice di procedura civile”.
Ricordiamo il dato normativo: i numeri 1) e 2) del I comma dell’art. 633 c.p.c. stabiliscono: 2) se il credito riguarda onorari per prestazioni giudiziali o stragiudiziali o rimborso di spese fatte da avvocati , [procuratori,]cancellieri , ufficiali giudiziari o da chiunque altro ha prestato la sua opera in occasione di un processo [636, 637 ]; 3) se il credito riguarda onorari, diritti o rimborsi spettanti ai notai a norma della loro legge professionale, oppure ad altri esercenti una libera professione o arte, per la quale esiste una tariffa legalmente approvata [636, 637 ].
L’art. 636 c.p.c. recita inoltre: “Nei casi previsti nei nn. 2 e 3 dell’articolo 633, la domanda deve essere accompagnata dalla parcella delle spese e prestazioni, munita della sottoscrizione del ricorrente e corredata dal parere della competente associazione professionale(2). Il parere non occorre se l’ammontare delle spese e delle prestazioni è determinato in base a tariffe obbligatorie“. (link da brocardi.it)
Di fatto l’abrogazione delle tariffe, e la successiva introduzione dei parametri DM 140/2014, rendono assai aleatorio il riconoscimento in termini di liquidità del credito professionale asseverato dall’Ordine, come emerso dalla decisione del Tribunale capitolino oggetto della segnalazione dello scorso anno del COA.
E’ evidente che sono un atto legislativo in termini di interpretazione autentica delle norme codicistiche potrebbe eliminare il vulnus creato dalla discrasia degli interventi normativi in tema, e quindi restituire alla valutazione di congruità l’effetto di certezza della misura del credito.