Negli Stati Uniti la Corte Suprema ha chiuso il mese di marzo con una decisione destinata ad influenzare a lungo il mondo dei media nel mondo intero.
Il caso vedeva opposti uno studente di matematica della Cornell (il thailandese Supap Kirtsaeng), ed un editore (John Wiley & Sons): il ragazzo aveva rivenduto in USA versioni digitali di libri inviatigli dalla Thailandia, realizzando poco meno di un milione di dollari di fatturato.
Il costo in Thailandia era molto più basso e l’editore rivendicava, tra l’altro, il diritto di segmentare i mercati per prezzo.
La Corte Suprema ha riconosciuto il diritto del ragazzo a rivendere le copie dei libri, poiché li aveva acquistati od importati legalmente nel territorio americano.
La decisione rinnova la giurisprudenza del caso Betamax del 1984: il popolo internauta sa tutto di Napster e Limewire, ma probabilmente non ricorda (per ragioni anagrafiche) che nel 1976 il debutto del Sony Betamax sconvolse gli equilibri delle famiglie, consentendo loro di videoregistrare programmi televisivi per rivederli successivamente.
L’industria dei media insorse deducendo che il videoregistratore violava i diritti d’autore ed il caso fu portato alla Corte Suprema Americana dove, all’ultimo momento, il Giudice Sandra Day O’Connor cambiò opinione portando il verdetto sul 5-4 a favore della Sony.
Sulla scia di questo caso fu costruita la c.d. dottrina della “first sale” (sostanzialmente corrispondente a quella che nel diritto dei marchi in Europa è nota come “dottrina dell’esaurimento”), che consentiva la libera disposizione di quanto acquistato legalmente. Il Congresso rifiutò di imporre ulteriori limiti legali e si aprì un mercato immenso, fatto di iniziative commerciali quali Blockbuster (anch’essa ormai passata alla storia) e di
progresso tecnologico: VCR, DVD, MP3, iTunes, fino a You Tube e alle ultime generazioni di strumenti e software per la fruizione di ogni tipo di media.
Gli interessi da bilanciare sono quello economico, alla protezione del copyright e quindi ad incentivare produttività nel settore dei media, e quello sociale, alla fruizione e condivisione di contenuti culturali.
E’ certamente vero che se si impedisce all’editore di segmentare i mercati per prezzo si rischia di impedire a molti Paesi poveri l’accesso alla cultura, ma è anche vero che tale limitazione potrebbe costituire un incentivo a realizzare prodotti più economici (ad es. con carta riciclata) per alcuni mercati. Sta di fatto che il revival della giurisprudenza Betamax “alla thailandese” avrà sicuramente importanti ripercussioni sul
mercato dei media.
Per fare alcuni esempi, si può pensare a quali conseguenze questo precedente avrà sul sistema delle licenze, cioè quelle utilizzate da Apple (con iTunes) e Amazon (con Kindle) per la distribuzione dei loro prodotti (musica, libri, film,…).
Oppure si pensi al mondo del software, nel quale la dottrina della “first sale” è già al vaglio di alcuni tribunali (in Germania un Giudice ha applicato lo stesso principio pochi mesi fa ad un software Oracle). O ancora si pensi ai DVD: in molti ordinamenti giuridici le normative contro la pirateria consentono di bloccare la visione su apparecchi diversi; anche questa limitazione potrebbe essere posta in discussione, in quanto non consentirebbe al consumatore la libera disposizione di quanto acquistato.
Quando si cerca di capire in che direzione vadano i mercati tecnologici si dà uno sguardo ai brevetti.
Ebbene, è interessante notare che sia Apple che Amazon hanno depositato brevetti relativi a piattaforme di commercializzazione di prodotti digitali di seconda mano: evidentemente i grandi player del settore si aspettano che la nuova spallata della Giustizia americana al copyright apra ulteriormente le possibilità di business nel settore, con la generazione di un vero e proprio mercato secondario.
Come insegnano i principi liberisti, dunque, sembra proprio che il mercato continui ad adattarsi all’innovazione tecnologica.