La Suprema Corte di Cassazione, con sentenza del 22 settembre 2016, dirime una complessa controversia familiare scaturente dall’impugnazione da parte di una madre del provvedimento con cui la Corte d’appello di Potenza, in sede di reclamo, aveva disposto l’affidamento condiviso del figlio minore nonostante l’eccepita elevata conflittualità tra i genitori, scaturita in più di una condanna penale a carico del padre. Ad avviso del giudice di legittimità, infatti, tali circostanze non potevano considerarsi talmente pregiudizievoli da legittimare una deroga al diritto del figlio alla bigenitorialità, poiché bilanciate dell’accertata intesa esistente tra padre e figlio e dalle “notevoli potenzialità” del loro rapporto.
Non sono tuttavia dello stesso avviso gli Ermellini che censurano l’impugnato decreto in quanto “…frutto di erronea esegesi del quadro normativo e di viziata applicazione delle regole legali agli emersi dati fattuali”. Ad avviso della Suprema Corte, infatti, la Corte di legittimità avrebbe travisato l’interesse superiore del minore, identificandolo tout court con “…l’intuibile o comprensibile desiderio del bambino di mantenere la bigenitorialità…”, senza dare sufficiente rilievo alla “…tipologia e gravità della conflittualità esistente tra le parti e dei reati commessi dallo (OMISSIS) in danno della (OMISSIS), inevitabilmente invece destinati a riflettersi negativamente anche su sentimenti ed equilibri affettivi, personali e familiari e sui rapporti interpersonali e, dunque, dotati di rilevante influenza sullo stabilimento del regime di affidamento più consono, anche in prospettiva al figlio della coppia”.
Di seguito il testo del provvedimentosuprema-corte-di-cassazione-18559-del-2016