DDL IN MATERIA DI RICONOSCIMENTO DI FIGLI NATURALI

La Camera dei deputati ha definitivamente approvato, in data 27 novembre 2012, il Ddl recante disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali. Il provvedimento, attualmente in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, è stato esaminato in sede referente dalla Commissione Giustizia, la quale non ha apportato modifiche al testo approvato dal Senato il 16 maggio 2012; il Senato, a sua volta, aveva apportato ampie modifiche al testo già approvato in prima lettura dalla Camera nel giugno del 2011.

 

Il testo mira ad eliminare dall’ordinamento ogni residua distinzione tra figli legittimi e figli naturali, affermando il principio della unicità dello stato giuridico dei figli indipendentemente dal vincolo giuridico genitoriale. Ciò sul presupposto della indubbia incostituzionalità della distinzione tra figli legittimi e figli naturali, specchio di una visione non più condivisa dal comune sentire sociale e contrastante con il diritto europeo. È  infatti inconfutabile che la condizione giuridica dei genitori, in relazione al vincolo coniugale, non possa determinare una condizione deteriore per i figli, poiché quell’insieme di regole che costituiscono l’essenza del rapporto di filiazione e che si sostanziano negli obblighi di mantenimento, di istruzione e di educazione della prole, derivante dalla qualità di genitore, trova fondamento nell’art. 30 della Costituzione che richiama i genitori ad un obbligo di responsabilità.

La legge sulla equiparazione tra figli legittimi e naturali consta di sei articoli.

 

L’art. 1 reca le nuove disposizioni, sostanziali e processuali, in materia di filiazione, ispirate al principio per il quale tutti i figli possiedono il medesimo status giuridico.

 

L’art. 2 contiene la delega al Governo per la revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, con l’obiettivo di eliminare ogni discriminazione tra figli legittimi, naturali e adottivi: “a) sostituzione, in tutta la legislazione vigente, dei riferimenti ai «figli legittimi» e ai «figli naturali» con riferimenti ai «figli», salvo l’utilizzo delle denominazioni di «figli nati nel matrimonio» o di «figli nati fuori del matrimonio» quando si tratta di disposizioni a essi specificamente relative; b) modificazione del titolo VII del libro primo del codice civile; c) ridefinizione della disciplina del possesso di stato e della prova della filiazione prevedendo che la filiazione fuori del matrimonio può essere giudizialmente accertata con ogni mezzo idoneo; d) estensione della presunzione di paternità del marito rispetto ai figli comunque nati o concepiti durante il matrimonio e ridefinizione della disciplina del disconoscimento di paternità, con riferimento in particolare all’articolo 235, primo comma, numeri 1), 2) e 3) del codice civile, nel rispetto dei principi costituzionali; e) modificazione della disciplina del riconoscimento dei figli nati fuori del matrimonio”.

Vengono espressamente indicati i principi e criteri direttivi da seguire: “Il decreto o i decreti legislativi di cui al comma 1 provvedono, altresì, a effettuare, apportando le occorrenti modificazioni e integrazioni normative, il necessario coordinamento con le norme da essi recate delle disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 30 marzo 1942, n.318, e delle altre norme vigenti in materia, in modo da assicurare il rispetto dei principi e criteri direttivi di cui al citato comma 1 del presente articolo”.

 

L’art. 3 ridefinisce le competenze fra Tribunali ordinari e Tribunali per i Minorenni in materia di procedimenti di affidamento e mantenimento dei figli, sostituendo l’articolo 38 delle disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie: “Sono di competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplati dagli articoli 84, 90, 330, 332, 333, 334, 335 e 371, ultimo comma, del codice civile. Per i procedimenti di cui all’articolo 333 c.c. resta esclusa la competenza del tribunale per i minorenni nell’ipotesi in cui sia in corso, tra le stesse parti, giudizio di separazione o divorzio o giudizio ai sensi dell’articolo 316 del codice civile; in tale ipotesi per tutta la durata del processo la competenza, anche per i provvedimenti contemplati dalle disposizioni richiamate nel primo periodo, spetta al giudice ordinario. Sono emessi dal Tribunale Ordinario i provvedimenti relativi ai minori per i quali non è espressamente stabilita la competenza di una diversa autorità giudiziaria. Nei procedimenti in materia di affidamento e di mantenimento dei minori si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile.

Il secondo comma dell’articolo detta una serie di garanzie a tutela dei diritti dei figli agli alimenti e al mantenimento: il giudice, secondo la nuova previsione, può imporre al genitore obbligato di prestare idonea garanzia personale o reale ove sussista il pericolo che possa sottrarsi all’adempimento; ed ancora, il giudice può disporre il sequestro dei beni dell’obbligato, e può altresì ordinare a terzi, tenuti a corrispondere somme di denaro all’obbligato, di versare le somme dovute direttamente agli aventi diritto.

I provvedimenti definitivi costituiscono titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale ai sensi dell’art. 2818 c.c..

 

L’art. 4 reca disposizioni transitorie: “le disposizioni di cui all’art. 3 si applicano ai giudizi instaurati a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge”;

L’art. 5 apporta modifiche alle norme regolamentari in materia di stato civile: “l’articolo 35 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000 n.396, è sostituito dal seguente: 1. Il nome imposto al bambino deve corrispondere al sesso e può essere costituito da un solo nome o da più nomi, anche separati, non superiori a tre. 2. Nel caso siano imposti due o più nomi separati da virgola, negli estratti e nei certificati rilasciati dall’ufficiale dello stato civile e dall’ufficiale di anagrafe deve essere riportato solo il primo dei nomi”;

 

Infine, l’art. 6 reca la clausola di invarianza finanziaria.

 

La legge interviene su importanti aspetti, con particolare riguardo alla sottrazione della competenza al Tribunale per i Minorenni sulle controversie relative all’esercizio della potestà e all’affidamento anche dei figli naturali (in favore del Tribunale Ordinario), nonché in relazione alle modalità di riconoscimento del figlio naturale.

Viene espressamente stabilito, attraverso la sostituzione dell’art. 74 c.c., che la parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite, sia nel caso in cui la filiazione è avvenuta all’interno del matrimonio, sia nel caso in cui è avvenuta al di fuori di esso, sia nel caso in cui il figlio è adottivo; nessun vincolo di parentela sussiste, al contrario, nei casi di adozione di persone maggiorenni.

È stato altresì modificato l’art. 250 c.c., che consente il riconoscimento del figlio naturale ad opera della madre e del padre, pur se uniti in matrimonio con altra persona all’epoca del concepimento; il riconoscimento può avvenire congiuntamente o separatamente e produce effetti sia per il genitore che l’ha effettuato sia per i parenti di quest’ultimo (art. 258, comma 1, c.c.).
Ulteriore novità è data dalla riduzione, dai 16 ai 14 anni,  della età a partire dalla quale il riconoscimento del figlio naturale non produce effetto senza il suo assenso, e l’età al di sotto della quale il riconoscimento non può avere effetto senza il consenso dell’altro genitore che abbia già effettuato il riconoscimento. Viene introdotta una nuova disciplina processuale afferente i casi di rifiuto del consenso al riconoscimento da parte del genitore, e si tempera il divieto di riconoscimento da parte dei genitori con la possibilità che il giudice li autorizzi, valutate le circostanze e avuto riguardo all’interesse del figlio (art. 250, comma 2-5, c.c.).
Attraverso la modifica dell’art. 251 c.c., rubricato «Autorizzazione al riconoscimento», si è ampliata la possibilità di riconoscimento dei figli incestuosi: la disposizione, infatti, elimina per i genitori il requisito della inconsapevolezza al momento del concepimento del legame parentale tra loro esistente nonché la necessità della dichiarazione di nullità del matrimonio da cui deriva l’affinità, e consente il riconoscimento del figlio incestuoso previa autorizzazione del giudice, avuto riguardo all’interesse del figlio e alla necessità di evitare qualsiasi pregiudizio al medesimo. Con l’ulteriore precisazione che, ove il riconoscimento riguardi un minore, l’autorizzazione compete al Tribunale per i minorenni.

Viene modificato, altresì, l’art. 276 c.c. (Legittimazione passiva) introducendo la possibilità, per il figlio naturale, di proporre l’azione nei confronti di un curatore nominato dal giudice davanti al quale il giudizio deve essere promosso.

Il testo novellato dell’art. 315 c.c., in virtù del principio ispiratore del disegno di legge, sancisce che «Tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico»: mentre la precedente formulazione dell’art. 315 c.c. prevedeva solo i doveri del figlio verso i genitori, la introduzione dell’art. 315bis c.c. pone l’accento sui diritti del figlio, con particolare riguardo al diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni; diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti; diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano, se ha compiuto i 12 anni o anche in età inferiore, se capace di discernimento.

Con l’introduzione dell’art. 448 bis c.c., i figli, anche adottivi, non sono tenuti all’adempimento dell’obbligo di prestare gli alimenti nei confronti del genitore decaduto dalla potestà, ed è consentito loro di escluderlo, salvo i fatti che integrino i casi di indegnità di cui all’art. 463 c.c., dalla successione.

La legge conferisce una delega al Governo per la modifica delle disposizioni in materia di filiazione e di dichiarazione dello stato di adottabilità: il termine di esercizio della delega è stabilito in 12 mesi dall’entrata in vigore della legge.

Come precedentemente evidenziato, con la sostituzione dell’art. 38 viene riconosciuta al Tribunale Ordinario, anziché al Tribunale per i Minorenni, la competenza nelle seguenti materie: disciplina dell’amministrazione del fondo patrimoniale (art. 171 c.c.); costituzione dell’usufrutto sui beni di un coniuge in relazione alle necessità della prole (art. 191, comma 2, c.c.); riconoscimento dei figli naturali (art. 250 c.c.); affidamento del figlio naturale e suo inserimento nella famiglia legittima (art. 252 c.c.); assunzione del cognome del minore (art. 262 c.c.); autorizzazione all’impugnazione del riconoscimento del figlio naturale (art. 264 c.c.); decisioni nell’interesse del figlio in caso di contrasto tra i genitori (art. 316 c.c.), esercizio della potestà dei genitori (art. 317bis c.c.); dichiarazione giudiziale di paternità o maternità (art. 269, comma 1, c.c.). Per quanto concerne l’adozione, da parte del giudice, di provvedimenti in presenza di una condotta del genitore pregiudizievole per i figli (art. 333 c.c.), viene confermata la competenza del Tribunale per i Minorenni, salvo che sia in corso un procedimento di separazione o divorzio o in materia di esercizio della potestà genitoriale, nel qual caso la competenza è attribuita al giudice ordinario.
Oltre all’adozione del rito camerale nei procedimenti di affidamento e mantenimento dei minori, si prevede che i provvedimenti emessi dal Tribunale competente in camera di consiglio siano provvisoriamente esecutivi.

Viene confermata la competenza della Corte d’Appello Sezione per i Minorenni sul reclamo sulle decisioni del Tribunale per i Minorenni.

Da una prima lettura si evince che la tanto aspirata equiparazione tra figli naturali e legittimi non si è realizzata neppure con l’introduzione di tali norme poiché si evidenzia da un punto di vista processuale disparità di rito (da un lato il camerale, dall’altro l’ordinario per i giudizi di separazione e divorzio); inoltre emerge una carenza di regolamentazione laddove (art. 3 punto 1) si precisa che resta esclusa la competenza del Tribunale per i Minorenni, nella ipotesi in cui sia in corso il procedimento di separazione e divorzio, per le determinazioni di cui all’art. 333 c.c. (condotta pregiudizievole ai figli) ma non per quelle di cui all’art. 330 c.c. (decadenza dalla potestà).

Dovranno essere emessi i decreti legislativi in attuazione e, al fine di conferire un assetto più organico, è stata formata una commissione guidata dall’eccelso prof. Cesare Massimo Bianca. Attendiamo l’esito dei lavori.

Pompilia Rossi

Esperta di diritto di famiglia e minorile, iscritta all’Albo degli Avvocati dal 1984 e cassazionista dal 1998, l’Avv. Pompilia Rossi è un volto noto dei media, spesso ospite in diverse trasmissioni RAI quale esperta del settore, con numerose interviste rilasciate altresì alla radio e alla stampa. Interviene su riviste specializzate in diritto di famiglia e psicologia giuridica; è stata docente di master di I e II livello all’Università La Sapienza di Roma (cattedra di Psicopatologia Forense). È nominata curatore speciale di minori in stato di abbandono o disagio derivante dalla conflittualità dei genitori; è componente del Comitato Scientifico di alcuni centri studi operanti nel settore famiglia e minorile; ha partecipato alla realizzazione e stesura del volume, edito da Cortina Editore, “Bambini in tribunale; l’ascolto dei figli contesi” ed alla redazione delle linee guida sull’ascolto del minore nei giudizi di separazione e divorzio su incarico del Consiglio dell’Ordine degli Psicologi del Lazio.