IL DIAVOLO FA LE PENTOLE……

(sull’orario di apertura delle Cancellerie)

 

Con provvedimento del 18 ottobre 2011 l’allora Presidente del Tribunale di Roma, Paolo de Fiore, dispose una riduzione dell’orario di apertura al pubblico degli Uffici motivandola con l’esigenza del personale di cancelleria di eseguire alcune lavorazioni “a porta chiusa”. Il provvedimento aveva espressamente carattere sperimentale e temporaneo (con effetti sino al 31 dicembre), ma di fatto riduceva da4 a 3 le ore a disposizione degli Avvocati per espletare gli incombenti di cancelleria.

 

Taluni Colleghi, che in quel momento erano impegnati in prima persona nella campagna elettorale per l’elezione del nuovo Consiglio dell’Ordine romano, proposero contro quell’atto un ricorso al TAR del Lazio, depositandolo il 14 novembre (http://www.antoninogalletti.it/wp-content/uploads/2011/11/Ricorso-Tar-con-nota-di-deposito-e-fissazione-udienza.pdf).

 

L’allora Consiglio dell’Ordine, non avendo avuto un previo concerto con la dirigenza del Tribunale, chiese ed ottenne l’avvio di una trattativa – durante la quale i sei dipendenti, in quel momento in servizio presso il Tribunale stesso, vennero “ritirati” – che condusse ad un nuovo provvedimento (del 24 novembre) nel quale si stabiliva che l’orario di apertura tornava sostanzialmente alle originarie 4 ore: le prime tre ore e mezza per qualsiasi adempimento, l’ultima mezz’ora riservata ai depositi degli atti con scadenza “ultimo giorno” (http://www.ordineavvocati.roma.it/NotizieOrdine/News/SchedaNews.asp?ID=1509).

 

I ricorrenti al TAR Lazio (che qualificarono quell’intesa con de Fiore “un accordo al ribasso”) proposero motivi aggiunti contro questo nuovo provvedimento, insistendo per la sospensione dei relativi effetti. Alla base delle impugnative v’era l’invocazione di una norma del 1960, che impone agli Uffici giudiziari di far rimanere aperte le cancellerie per 5 ore giornaliere.

 

Io, che ho francamente ritenuto il nuovo provvedimento del Presidente del Tribunale satisfattivo delle esigenze degli Avvocati (non perché, ovviamente, 5 ore di apertura non fossero “gradite”, ma in quanto quell’atto costituiva un ragionevole punto di incontro tra i bisogni dei colleghi e le necessità di lavorazioni in back-office rappresentate dai cancellieri), mi sono permesso insieme ad altri di proporre un atto di intervento in quel giudizio: anche perché in quel ricorso ho ravvisato, e non credo di essere stato il solo, un gesto ispirato da logiche puramente demagogiche, da campagna elettorale. Lungi, naturalmente da me (che vivo quotidianamente il Tribunale,  maturando il 19 maggio trent’anni di iscrizione all’Albo!), danneggiare chicchessia, ho solo voluto rappresentare al Collegio giudicante che non tutto il foro era d’accordo con quella iniziativa giudiziaria, potenzialmente foriera di future rovine.

 

L’atto di intervento è stato, ancor più populisticamente di quanto è avvenuto per la divulgazione della notizia della proposizione dello stesso ricorso, strumentalizzato ogni oltre misura. C’è chi ha scritto che, dopo averlo letto, è “caduto dalla sedia”; sono state diramate mail nelle quali l’intervento è stato definito “sciagurato” oppure “incredibile”; persino qualche collega  mi ha rimproverato per aver compiuto un gesto “politicamente esiziale”, in grado di danneggiare lui e la sua personale posizione.

 

Copia dell’atto di intervento è stata finanche illegittimamente pubblicata su un sito di uno dei ricorrenti (con indicazione di dati sensibili, per il che son stato costretto a ricorrere all’Autorità Garante per il trattamento dei dati personali, che ha aperto un fascicolo rispetto al quale si attendono ancora le deduzioni dell’autore della violazione, che in questa occasione non ha mostrato la sua usuale solerzia nel “comunicare”).

 

Fatto sta che son stato obbligato, mio malgrado, a “difendermi” inviando una comunicazione pubblica (dal titolo “La gogna e le parole del Vangelo”) che ha almeno avuto il pregio di indurre i più curiosi (colleghi che ragionano con la testa loro, cioè, e non con quella altrui) ad andarsi a leggere direttamente l’atto di intervento (senza farselo raccontare dai ricorrenti e non credendo a tutte le loro parole) per scoprire la vera finalità di quella iniziativa. Molte mail di “scusa, ma non avevo capito, mi avevano rappresentato un’altra realtà”, mi sono state recapitate in risposta.

 

Il TAR, è noto, con ord.za n. 4912 del 20 dicembre (http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Roma/Sezione%201/2011/201109311/Provvedimenti/201104912_05.XML) ha accolto l’istanza cautelare contenuta nel ricorso, inibendo gli effetti del provvedimento di de Fiore. L’ord.za è stata utilizzata, sempre ai fini della campagna elettorale in corso, come il frutto di una vittoria definitiva e senza precedenti. Sotto Natale fu persino organizzata una distribuzione gratuita della relativa copia in tutti gli Uffici giudiziari, per dare concreta e materiale dimostrazione che i ricorrenti erano in grado di tutelare “davvero” i colleghi. Addirittura è stato detto che da quel momento in poi le cancellerie sarebbero state aperte per 5 ore al giorno e non più solo per 4 (il che non poteva essere, visto che il ricorso aveva solo natura oppositiva e non anche pretensiva).

 

Questa “vittoria” (ottenuta in sede cautelare in primo grado) ha permesso ai ricorrenti (in 13, sui primi 15) di essere eletti alle elezioni del Consiglio dell’Ordine.

 

Passata l’euforia, l’orario di apertura è tornato alle 4 ore, ma il Tribunale ha dato espresso mandato all’Avvocatura dello Stato di proporre appello, che è stato poi regolarmente notificato e discusso all’udienza del 6 marzo 2012. Inaspettatamente per gli appellati (oramai già comodamente seduti sugli scranni consiliari) il Consiglio di Stato, con ord.za n. 916, hariformato la decisione del TAR, affermando essere inesistente il dedotto periculum in mora e rilevando che non poteva ragionevolmente invocarsi l’applicazione di una normativa di 50 anni fa, emanata in un momento in cui non esistevano gli attuali “presidi tecnologici”   (www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Consiglio%20di%20Stato/Sezione%204/2012/201201082/Provvedimenti/201200916_15.xml).

 

Del genere: “scordatevi definitivamente le 5 ore (ma anche le 4)”.

 

La decisione del Consiglio di Stato, naturalmente, non è stata diffusa (né tanto meno fatta oggetto di volantinaggio) da chi aveva cantato prematuramente vittoria, ed anzi è stata piuttosto taciuta. Fatto sta che ha prodotto, con quella motivazione, l’inizio della “rovina” purtroppo da me preconizzata.

 

In effetti ora i magistrati che dirigono gli Uffici giudiziari si possono ben sentire autorizzati a ridurre a tre ore l’orario di apertura al pubblico delle cancellerie, senza timore di incorrere in contestazioni giurisdizionali: così ha già fatto il Presidente della Corte di appello, che si è attestato sulle tre ore (vedi http://www.giustizia.lazio.it/appello.it/news/oraio_uffici_2012.pdf); così ha fatto anche il Tribunale, di recente.

 

Concludo, dispiacendomi – oggi, ed inutilmente – di aver in illo tempore avuto ragione: se ci fossimo “tenuti stretti” quel provvedimento concertato, delle tre ore e mezza oltre alla ulteriore mezz’ora per gli atti ultimo giorno, senza andare a “sfrucugliare” il Giudice amministrativo per malcelate ragioni di “politica forense”, oggi avremmo avuto qualcosa di più.

Gennaro Leone

Gennaro LEONE è nato a Roma il 03.07.1954; ha effettuato gli studi presso la Scuola San Giuseppe Calasanzio in Roma, Via Cortina D'Ampezzo ove ha conseguito la maturità classica. Iscritto all'Università "La Sapienza" di Roma, si è laureato in Giurisprudenza il 04.04.1979 con voto 100/110. Esercita la professione di Avvocato avendo superato gli esami di Procuratore Legale nel 1983. E’ diventato Avvocato nel 1989 e Cassazionista dal 1997. Il suo studio è in Roma V.le Del Vignola n°11. Coniugato con Giovanna GAGLIARDO, anche Lei Avvocato Cassazionista dal 1997.
E’ consulente dell’U.P.P.I. (Unione Piccoli Proprietari Immobiliari) dal 1981 nonché di Banca Intesa S.p.A. dal Gennaio 2002, oggi Italfondiario. E’ particolarmente esperto nelle materie delle locazioni e del condominio, ma tratta l’intero settore del diritto civile.