I recenti fatti di cronaca, relativi a reati violenti contro il patrimonio e la persona, impongono una richiesta di “aggiornamento” delle prescrizioni normative sulla legittima difesa, proprio perchè vengono commessi sempre più furti e rapine in abitazioni ed in luoghi ove si svolge un’attività lavorativa. Non basta più chiedere il potenziamento dell’organizzazione e delle risorse delle forze dell’ordine per tutelare la sicurezza dei cittadini, ma occorre rivedere, appunto, alcune prescrizioni normative per adeguarle ai nostri tempi. Oggi parliamo -non a caso- di “legittima difesa”! La riforma del 2006 ha introdotto la presunzione assoluta di proporzione tra difesa ed offesa allorquando avvengano reazioni durante la commissione dei delitti di violazione di domicilio ed in presenza di un concreto ed attuale pericolo di aggressione fisica, equiparando al domicilio i luoghi di svolgimento di tutte le attività economiche. Le prescrizioni normative di riferimento sulle quali dobbiamo focalizzare il nostro esame sono quelle contenute negli articoli 52, 55 ed anche 614 del c.p. . Data per scontata la conoscenza dell’esegesi delle predette norme, intendo proporre all’analisi dei giuristi un “aggiornamento normativo” attuabile con l’approvazione di una proposta di legge innovativa. Posto che ogni caso merita sempre un’accurata attenzione da parte del giudicante per garantire il rispetto dei diritti costituzionalmente previsti e tutelati, il ragionamento deve necessariamente limitarsi nell’ambito normativo sopra indicato. Ciò premesso ritengo che negli articoli 52 e 55 del c.p. occorra un richiamo alla “reazione umana” connessa ad un evento che determina la paura di chi viene aggredito e che si trova in un pericolo oggettivo. La vigente normativa non considera l’elemento psicologico di chi subisce un’aggressione ingiusta e violenta da parte di chi vuole intenzionalmente usurpare la sua proprietà ed il suo luogo di lavoro, ma impone che “costui” abbia una reazione ponderata e proporzionale rispetto all’offesa, nonostante il naturale stato d’animo di obiettiva tensione e paura connesso al timore per la propria e per l’altrui incolumità. Risulta necessario, alla luce dei recenti fatti di cronaca, interpretare il criterio di proporzionalità non solo in relazione ai mezzi di offesa utilizzati dall’aggressore rispetto a quelli usati da chi si sta difendendo, quanto accertare la pericolosità di quelli utilizzati dal primo in relazione alla situazione in sé ed alla disponibilità di quelli adoperati da chi si difende. Il classico “esempio di scuola“ di chi viene aggredito di notte in casa sua da un energumeno armato di coltello deve essere esaminato con “la lente di ingrandimento”: la reazione dell’aggredito, che utilizza una pistola legittimamente detenuta, sebbene possa sembrare sproporzionata prima facie, dovrebbe considerarsi lecita, in relazione all’analisi della “pericolosità sociale in sé di un energumeno” che entra nella propria abitazione in modo illegittimo, con l’intento di delinquere, armato di un coltello e, soprattutto, in relazione alla comprovata indisponibilità di altri strumenti a disposizione per difendersi, oltre l’arma da fuoco. È estremamente necessario rivalutare completamente la difesa di chi insorge dinanzi ad una aggressione della sua casa o del luogo ove svolge la propria attività, rinforzandola. La difesa della propria persona, soprattutto quando avviene all’interno della propria abitazione o nel luogo di lavoro, deve essere considerata sempre lecita, mentre la reazione ad una aggressione avvenuta in casa di altri o nei luoghi di lavoro deve essere considerata genericamente protetta da una presunzione di proporzionalità e di congruità. I tempi e le esigenze sociali, devono portare il giurista a valutare la obiettiva necessità di pretendere un intervento del legislatore su questa tematica di indubbia importanza e rilievo giuridico-sociale. Occorre un deterrente obiettivo e legittimo al fine di evitare di piangere altri morti! Il dato oggettivo è che oggi chi vuole delinquere si sente avvolto da uno scudo di protezione normativa costituito dalle prescrizioni contenute negli articoli 52, 55 e 614 del codice penale. All’art. 52 c.p. deve essere aggiunta descrittivamente una serie di tutele relative agli strumenti realmente a disposizione del “reagente”, comprese le armi da fuoco, che devono essere, ovviamente, legalmente detenute. Deve essere rinforzata, quindi, la presunzione di proporzionalità nel caso di aggressione avvenuta in abitazione privata o nel luogo di lavoro, considerando lecito e non più “non punibile” ogni atto di respingimento di soggetti che abbiano scientemente violato il domicilio e la dimora del reagente. All’art. 55 c.p. deve essere aggiunto l’elemento psicologico, che considera il fortissimo stress psicologico e la paura di chi è costretto a vivere, suo malgrado, e di chi si sente e si trova in pericolo a causa della condotta illegittima e violenta altrui nei pochi istanti in cui deve necessariamente difendersi. Tale stato d’animo può o potrebbe trarre in errore chi reagisce, non per questo può configurarsi una responsabilità colposa, allorquando è l’aggressore a mettere scientemente in moto il meccanismo causale, che ha determinato l’errore di valutazione del reagente, tanto sul pericolo incombente per sè e per i suoi familiari, quanto sul danno concreto. Infine deve essere esclusa la possibilità per il giudice di disporre misure cautelari quando la reazione difensiva è avvenuta, comunque, a seguito di una violazione oggettiva di domicilio, dal momento che in questi casi non è credibile che ricorrano alcuna delle condizioni di applicabilità delle misure cautelari. Ritengo che lanciare “coram populo” il messaggio attraverso il quale chi intende delinquere e creare danno rischia concretamente di vedere inciso un suo diritto, che spazia dall’incolumità fisica per arrivare anche alla perdita della vita stessa, (N.B. ovviamente occorre sempre valutare bene il caso concreto) sia un oggettivo deterrente per consentire di vivere più serenamente, a prescindere dall’aggravamento delle pene per i casi di furti e rapine. Vedremo se, come e quando il nostro legislatore vorrà risolvere questa “delicata” realtà! Avv. Gaetano Lauro Grotto
L’Avv. Gaetano Lauro-Grotto, nato a Roma il 5 giugno 1972 è iscritto al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma. Mediatore e Formatore, è stato Cultore di diritto Amministrativo-Penale presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”- cattedra Prof. Cerulli Irelli. E stato per cinque anni funzionario nell’Unità Speciale Antifrode di primaria Società Multinazionale di Assicurazioni e del mercato finanziario(consulente delle Aree Speciali-Antifrode presso l’Ania) svolgendo attività legale, investigativa e di tutela civile e penale della tipologia del patrimonio aziendale del Gruppo di Società. Membro dell’AGIFOR, è stato relatore in numerosi corsi e seminari organizzati da detta associazione, organizzando e coordinando, tra l’altro, il corso specialistico di diritto penale e Tributario-Agifor 2012-2013 (24 cred.formativi); sta coordinando il corso specialistico di diritto e procedura civile-Agifor 2013 (24 cred.formativi).