LA NOZIONE DI PAGAMENTO NEI TERMINI D’USO AI FINI DELL’ESENZIONE DALLA REVOCATORIA FALLIMENTARE.
L’art. 67, comma 3, lett. a), legge fallimentare prevede che non sono soggetti all’azione revocatoria fallimentare i pagamenti di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa che siano stati effettuati nei termini d’uso.
La Suprema Corte di Cassazione[1] è stata recentemente investita della questione vertente sull’esegesi del riferimento ai “termini d’uso”.
Nella fattispecie la Corte di Appello aveva relazionato i “termini d’uso” ai pagamenti e non alle forniture oggetto di pagamento ed alle consuetudini generali della determinata tipologia contrattuale e non già alle abitudini del singolo imprenditore.
La Cassazione, invece, privilegia il rapporto diretto tra le parti, dando rilievo al mutamento dei termini, da intendersi non solo come tempi, ma anche come le complessive modalità di pagamento.
Ragionando diversamente, rileva la Cassazione, si riconoscerebbe valenza dirimente alla prassi del settore economico di riferimento, si finirebbe sostanzialmente con l’equiparare la fattispecie di cui si discute a quella di cui all’articolo 67, comma 1, n. 2 che concerne invece il pagamento anormale.
La Suprema Corte di Cassazione enuncia quindi il seguente principio di diritto: “Il riferimento della L. Fall., articolo 67, comma 3, lettera a), ai “termini d’uso”, ai fini dell’esenzione dalla revocatoria fallimentare per i pagamenti di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa, attiene alle modalità di pagamento proprie del rapporto tra le parti e non gia’ alla prassi del settore economico in questione”.
Leonardo Vecchione
Avvocato in Roma
[1] Cfr. Cassazione civ., sez. I, 7 dicembre 2016, n. 25162.