Il caso
Un’associazione professionale tra avvocati aveva ottenuto un’ingiunzione di pagamento per l’importo di Euro 39.936,69 a titolo di spettanze professionali per le attività giudiziali e stragiudiziali svolte in favore di una società.
In sede di opposizione, il Tribunale revocava l’ingiunzione di pagamento “…ritenendo che l’incarico non potesse esser conferito allo studio professionale, stante la natura personale dell’attività difensiva, e che non vi fosse prova che l’associazione fosse legittimata ad assumere incarichi”.
La decisione veniva integralmente riformata in appello dalla Corte distrettuale di Trento, ad avviso della quale:
- “…nulla impedisce al cliente di essere assistito da un’associazione professionale, fermo restando che i singoli professionisti abilitati debbano gestire la pratica”;
- “…non può esser messo in dubbio che il mandato professionale debba esser conferito, per necessità pratiche oltre che per prescrizione di legge, al singolo avvocato che faccia parte dell’associazione, il quale dovrà occuparsi personalmente della pratica”;
- un limite sussisterebbe unicamente nel caso in cui “…il cliente abbia intrattenuto il rapporto direttamente e solo con il singolo professionista, da lui autonomamente scelto”.
Il ricorso per Cassazione
Avverso la predetta sentenza, ricorreva per cassazione la cliente, dolendosi inter alia:
- “…che, pur essendo ammissibile il perfezionamento di accordi tra professionisti che facciano salvo il carattere personale della prestazione professionale, nel caso in esame non vi era prova che l’incarico fosse stato conferito all’associazione e che quest’ultima avesse il potere di stipulare contratti ed acquisire la titolarità dei rapporti con i clienti, non essendo tale prova emersa dall’esame dell’atto costitutivo e non essendo ammissibili le prove testimoniali, assunte in violazione dei limiti di cui all’art. 2722 c.c.”.
- “…a differenza dei rapporti di consulenza intrattenuti in passato, il mandato per la difesa dinanzi alle Commissioni tributarie, per le quali era stato chiesto il compenso in sede monitoria, era stato conferito all’avv. M. in proprio”.
La decisione della Suprema Corte
La Corte, accogliendo il ricorso della cliente, offre i seguenti condivisibili chiarimenti:
- “L’associazione professionale costituisce difatti un fenomeno regolato dall’art. 36 c.c.. La norma stabilisce che l’ordinamento interno e l’amministrazione delle associazioni non riconosciute sono regolati dagli accordi tra gli associati, che possono attribuire all’associazione la legittimazione a stipulare contratti e ad acquisire la titolarità di rapporti, poi delegati ai singoli aderenti e da essi personalmente curati”;
- “nulla impedisce di conferire l’incarico professionale all’associazione professionale”, purché ciò risulti espressamente previsto dal suo statuto “…posto che la titolarità del credito in capo all’associazione non dipendeva solo dall’aver ricevuto l’incarico professionale, ma anche dalla capacità dell’associazione, intesa come autonomo centro di imputazione di rapporti (distinto dai singoli associati), di concludere contratti che non fossero di mera consulenza e che riguardassero la difesa in giudizio dei clienti, data la natura personale dell’attività oggetto del mandato professionale”;
- di fatti, solo ove il “…giudice del merito accerti tale circostanza tramite l’esame dello statuto dell’associazione, può riconoscersi in capo a quest’ultima la titolarità dei crediti per le prestazioni svolte dai singoli professionisti a favore del cliente, dato che il fenomeno associativo tra professionisti può non essere univocamente finalizzato alla divisione delle spese ed alla gestione congiunta dei proventi” (in senso conforme Cass. 15417/2016; Cass. 4268/2016; Cass. 3926/2016; Cass. 3128/2016; Cass. 15694/2011);
- sono pertanto ininfluenti, al fine di comprovare la predetta capacità dell’associazione, “…le modalità di pagamento osservate in passato dalla…” cliente così come “lo svolgimento dei rapporti pregressi, per lo più attinenti alla sola attività di consulenza”.