LIMITI AL SEGRETO FIDUCIARIO: ACCERTAMENTO DEL REDDITO DEI CONIUGI

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L’accertamento del reddito dei coniugi è il presupposto, sia in sede di separazione e di divorzio e sia in sede di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio, per la quantificazione dell’assegno di mantenimento o dell’assegno divorzile.

Sia in sede di separazione[1] che di divorzio[2] i coniugi devono depositare, con il ricorso o con la memoria difensiva le ultime dichiarazioni dei redditi (le dichiarazioni degli ultimi tre anni) e tutta l’altra documentazione che per prassi viene richiesta dai tribunali (estratti conto bancari, visure immobiliari e P.r.a., contratti bancari e finanziari ecc.) ovvero una dichiarazione sostitutiva di atto notorio contenente tutte le informazioni relative al reddito e al patrimonio.

In materia di diritto di famiglia il giudice ha poteri istruttori più ampi rispetto a quelli dei normali giudizi civili e può pertanto anche procedere all’acquisizione di elementi probatori sulla determinazione del reddito, del patrimonio e del tenore di vita dei coniugi.

Ed invero sia nel caso in cui le informazioni o le dichiarazioni dei redditi dei coniugi risultino essere non verosimili, o addirittura in contrasto con il tenore di vita dagli stessi soggetti tenuto, sia nel caso in cui le informazioni di carattere economico dai medesimi coniugi fornite non risultino sufficientemente documentate, il giudice potrà disporre anche d’ufficio un’indagine patrimoniale a mezzo della Polizia Tributaria.

La fonte di tale potere istruttorio si rinviene negli artt. 155 cod. civ. laddove in tema di mantenimento a favore dei figli “Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi”.

In tema di divorzio l’art. 5, l. 1 dicembre 1970, n. 898, obbliga i coniugi a presentare all’udienza di comparizione avanti al presidente del tribunale la dichiarazione personale dei redditi e ogni documentazione relativa ai loro redditi e al loro patrimonio personale e comune disponendo altresì che “In caso di contestazioni il tribunale dispone indagini sui redditi, sui patrimoni e sull’effettivo tenore di vita, valendosi, se del caso, anche della polizia tributaria”.

Anche l’art. 736 bis cod. civ. in tema di provvedimenti di adozione degli ordini di protezione contro gli abusi familiari prescrive che “Il giudice, sentite le parti, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione necessari, disponendo, ove occorra, anche per mezzo della polizia tributaria, indagini sui redditi, sul tenore di vita e sul patrimonio personale e comune delle parti, e provvede con decreto motivato immediatamente esecutivo”.

Sebbene le citate norme prevedano la possibilità che il tribunale disponga indagini per mezzo della polizia tributaria la genericità di tale “delega” non permetterebbe di individuare l’ambito e i limiti dell’indagine.

Se da un lato si potrebbe ritenere che le citate norme, stante la loro genericità, non autorizzino i giudici a svolgere verifiche fiscali in senso stretto[3], dall’altro non vi è dubbio che la polizia tributaria possa agire quale ausiliare del giudice sia nella valutazione degli elementi acquisti[4] sia come organo incaricato dal giudice di eseguire indagini.

In quest’ultimo caso la polizia tributaria potrà essere nell’ordinanza del giudice espressamente delegata a richiedere chiarimenti alle parti ad assumere notizie e informazioni da terzi (art. 210 cod. proc. civ.), a effettuare ispezioni (art. 258 cod. proc. civ.) ed estrarre documentazione (art. 231 cod. proc. civ.), ad eseguire infine, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 155 cod. civ., un accertamento sui redditi e sui beni, oggetto della contestazione, intestati a soggetti diversi.

La legge 23 novembre 1939 n. 1166 nel disciplinare le società fiduciarie prevede che le stesse possano intestarsi fiduciariamente i beni dei propri clienti per amministrarli nell’esclusivo interesse di questi ultimi al fine di garantire loro una assoluta riservatezza nei confronti dei terzi.

Attraverso il negozio fiduciario si realizza una interposizione reale di persona, il fiduciario risulterà quindi il titolare dei beni interposti e sarà in primo luogo, in virtù di un rapporto obbligatorio con il fiduciante, tenuto ad osservare una determinata condotta convenuta con il medesimo fiduciante, in secondo luogo obbligato a ritrasferire (reintestare nel caso di intestazioni di quote o azioni di società) i beni al fiduciante ad una determinata scadenza ovvero al verificarsi di un evento che faccia venir meno la “causa fiduciae”.

Un primo limite all’anonimato che si realizza con il rapporto fiduciario concerne l’intestazione alla società fiduciaria di partecipazioni sociali. Ed invero “le società fiduciarie che abbiano intestato al proprio nome titoli azionari appartenenti a terzi sono tenute a dichiarare le generalità degli effettivi proprietari degli stessi”[5]. Le società fiduciarie sono infatti tenute a fornire alla Banca d’Italia, nel caso di intestazione di partecipazioni in società appartenenti a terzi, le generalità dei fiducianti[6].

Un ulteriore limite al segreto fiduciario si registra nei casi in cui l’Amministrazione Finanziaria, in sede di accertamento dei redditi, abbia necessità di acquisire informazioni sul conto dei fiducianti.

In tal caso l’Amministrazione Finanziaria, ai sensi dell’art. 32, comma 1 del D.P.R., 29 settembre 1973, n. 600, può richiedere alle società fiduciarie di fornire dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto o operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con i loro clienti, nonché alle garanzie prestate da terzi. Possono, inoltre, essere richieste le generalità dei soggetti per conto dei quali esse hanno detenuto o amministrato o gestito beni, strumenti finanziari e partecipazioni imprese, inequivocabilmente individuati.

Il tribunale al fine dell’accertamento dei redditi, del patrimonio e del tenore di vita dei coniugi può, infine, disporre, un’indagine nei confronti di società fiduciarie intestatarie di beni del soggetto parte in causa ordinando loro l’esibizione di documenti o richiedendogli di fornire notizie e/o chiarimenti. Tuttavia non è consentita un’indagine di natura meramente esplorativa per cui la stessa potrà essere svolta solo previa indicazione specifica della persona oggetto dell’indagine stessa e previa indicazione di tutti quegli indizi gravi, precisi e concordanti che forniscono la presunzione dell’esistenza di un rapporto fiduciario.

La possibilità di richiedere informazioni attraverso la Guardia di Finanza incontra un limite che si sostanzia nel potere di richiedere informazioni solo indicando il nominativo del fiduciante. In tal modo la società fiduciante non violerebbe il segreto fiduciario atteso che non rileverebbe il nome di un soggetto rappresentato ma fornirebbe solo notizie relative ad un soggetto il cui nome è già conosciuto nel giudizio.

[1] In tema di separazione l’art. 706 cod. civ. dispone che “Al ricorso e alla memoria difensiva sono allegate le ultime dichiarazioni dei redditi presentate”.

[2] In tema di divorzio l’art. 5, l. 1 dicembre 1970, n. 898 dispone che “I coniugi devono presentare all’udienza di comparizione avanti al presidente del tribunale la dichiarazione personale dei redditi e ogni documentazione relativa ai loro redditi e al loro patrimonio personale e comune. In caso di contestazione il tribunale dispone indagini sui           redditi, sui patrimoni e sull’effettivo tenore di vita, valendosi, se del caso, anche della polizia tributaria”.

[3] La Guardia di Finanza (polizia tributaria) non potrebbe assolvere compiti diversi da quelli di polizia economica e di polizia finanziaria –a tutela del bilancio pubblico, delle regioni, degli enti locali e dell’Unione Europea- previsti dall’art. 2. D.Lgs., 19 marzo 2001, n. 68, in assenza di una norma al riguardo.

[4] In tal caso opererà come consulente contabile, ovvero come consulente tecnico d’ufficio.

[5] Così il disposto dell’articolo 1, comma 5, R.D., 29 marzo 1942, n. 239

[6] Ai sensi dell’art. 21, D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385 “Le società fiduciarie che abbiano intestato a proprio nome partecipazioni in società appartenenti a terzi comunicano alla Banca d’Italia, se questa lo richieda, le generalità dei fiducianti”.

Leonardo Vecchione

L’Avv. Leonardo Vecchione consegue nel 2004 la Laurea in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Roma 3 discutendo la tesi: “Le clausole vessatorie e la tutela del consumatore”.
Svolge la propria attività professionale esclusivamente nel campo del diritto civile e fallimentare.
E’ autore di numerose note a sentenza ed articoli. Collabora con la redazione romana della rivista Il diritto fallimentare e delle società commerciali sulla quale pubblica note redazionali a sentenza.
Ha collaborato alla redazione del Processo delle esecuzioni mobiliari edito per i tipi della Giappichelli, 2009. E’ coautore del Manuale teorico pratico dell’esecuzione immobiliare edito per i tipi della Nuova Giuridica, 2011. E’ curatore di procedure fallimentari. Componente della Commissione Giovani del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma nella consiliatura 2010-2011. E’ docente di corsi per la preparazione all’esame di Avvocato.