La Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n°22951 del 13 settembre 2019, chiarisce nuovamente i presupposti per ottenere la condanna ex art. 96 c.p.c. nonché illegittimità della compensazione delle spese di lite a seguito del rigetto della domanda di risarcimento ex art. 96 c.p.c. proposta dai convenuti totalmente vittoriosi sul merito della lite.
Il caso
La vicenda trae origine dalla sentenza con cui Tribunale di Pesaro aveva rigettato sia le domande principali degli attori sia la richiesta di condanna per lite temeraria, avanzata ai sensi dell’art. 96 c.p.c., co. 1, dai convenuti, con compensazione delle spese di lite, giustificata alla luce della soccombenza reciproca.
I convenuti proponevano appello dinanzi alla Corte anconetana dolendosi del mancato accoglimento della richiesta di condanna ex art. 96 c.p.c.. La Corte d’Appello di Ancona, tuttavia confermava la sentenza di primo grado, ritenendo la domanda degli appellanti carente in punto di prova del pregiudizio lamentato, condannandoli alla rifusione delle spese del secondo grado di giudizio.
I convenuti decidevano quindi di ricorrere sino in Cassazione contestando tanto il rigetto della domanda risarcitoria quanto la compensazione delle spese di lite.
I presupposti per la condanna ex art. 96 c.p.c.
La Suprema Corte, attraverso la pronuncia in esame, giudica infondata la prima doglianza, chiarendo quanto segue:
- la responsabilità aggravata per lite temeraria ha natura extracontrattuale;
- è conseguentemente onere della parte che richiede il risarcimento del danno ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 1 dedurre e comprovare sia l’an che il quantum debeatur;
- “… il giudice non può liquidare il danno, neppure equitativamente, se dagli atti non risultino elementi atti ad identificarne concretamente l’esistenza, desumibili anche da nozioni di comune esperienza e dal pregiudizio che la parte resistente abbia subito per essere stata costretta a contrastare un’iniziativa del tutto ingiustificata dell’avversario”.
Nel caso di specie, conclude la Corte, la Corte d’Appello, ha rilevato, con motivazione congrua ed esente da vizi logici, che “…nella specie la deduzione del danno conseguito al fatto che i convenuti sarebbero stati costretti, per effetto del giudizio instaurato nei loro confronti, a sottrarre tempo, da dedicare alla causa, alle ordinarie occupazioni (in particolare il D. alla sua attività lavorativa di design nel settore dei mobili) non sono accompagnate da concreti elementi atti a consentire un’attendibile liquidazione del lamentato pregiudizio, così come del tutto generica è l’allegazione dello stato continuo di stress e di apprensione originato dalla pendenza della lite, e ciò anche alla luce delle numerose controversie intercorse tra le parti (aspetto questo desumibile dal contenuto delle difese svolte dagli stessi appellanti)”.
Sulla compensazione delle spese di lite a seguito del rigetto della domanda di condanna ex art. 96 c.p.c.
La Suprema Corte, invece accoglie, il secondo motivo di ricorso, con cui i ricorrenti avevano lamentato l’ingiusta compensazione delle spese di lite a fronte del rigetto della loro richiesta di condanna ex art. 96 c.p.c..
Ad avviso degli ermellini, infatti non può condividersi l’orientamento minoritario – da ultimo da Cass. sez. VI^-2, sentenza n°20838 del 14 ottobre 2016 – che riteneva configurata un’ipotesi di soccombenza reciproca ai sensi dell’art. 92 c.p.c. a seguito dell’imputabilità, sulla base del principio di causalità, “…a ciascuna parte gli oneri processuali causati all’altra per aver resistito a pretese fondate o per aver avanzato istanze infondate”.
Bisogna, di contro, aderire al successivo e maggioritario orientamento che fa discendere dalla natura meramente accessoria della domanda di condanna ex art. 96 c.p.c. la non configurabilità di alcuna parziale e/o reciproca soccombenza.
La Corte conclude confermando che “ha pertanto errato la Corte d’appello a confermare la compensazione delle spese processuali disposta dal Tribunale, sul presupposto – qui disatteso – che il rigetto della domanda di condanna per lite temeraria proposta dai convenuti totalmente vittoriosi sul merito della lite determinasse una loro soccombenza reciproca”.