Tre mesi fa, da questo sito (http://associazioneforenseemilioconte.it/il-diavolo-fa-le-pentole/) mi ero permesso di richiamare l’attenzione di quei colleghi, tanto onesti quanto creduloni che, proprio un anno fa, nella “chiostrina” del Tribunale civile ritiravano copia di quella celebre ordinanza del TAR Lazio resa sul ricorso promosso contro la riduzione dell’orario delle cancellerie.
Il ricorso era stato proposto da un gruppo di colleghi che si erano candidati alla guida del Consiglio dell’Ordine (si era in piena campagna elettorale).
Gli stessi colleghi che, tronfi del risultato ottenuto (il TAR come si ricorderà aveva sospeso gli effetti del provvedimento col quale l’orario di accesso alle cancellerie era stato contratto a sole 3 ore), avevano appunto preso a distribuire copia dell’ord.za del giudice amministrativo, vantandosi del successo ed invitando ad andare alle urne per farsi votare.
In quel giudizio davanti al TAR mi ero permesso di intervenire, insieme ad altri colleghi, al solo scopo di segnalare che il ricorso aveva esclusivamente un obiettivo demagogico ed, appunto, elettorale: peraltro, aveva mandato in fumo una sicura alternativa pattuita, nero su bianco, dall’allora Presidente del COA con il Presidente del Tribunale De Fiore (orario di apertura di tre ore e mezza per tutti, più una ulteriore mezz’ora solo per i depositi “ultimo giorno”: una soluzione, cioè, assolutamente accettabile).
Tuttavia il mio intervento fu impropriamente definito “ad opponendum” e, sempre per motivi di propaganda politica, fu esorcizzato a tal punto da costituire apparentemente un punto di forza ulteriore per i ricorrenti, che mi dipinsero come un avversario.
Il tempo passa, i colleghi – specie quelli creduloni – dimenticano, i promotori di quel ricorso hanno vinto la loro campagna elettorale, sostanzialmente facendo leva proprio su quella ordinanza del TAR.
Tuttavia qualcuno rammenterà che avverso quell’ord.za del TAR l’Avvocatura dello Stato fece immediatamente appello, che fu accolto dal Consiglio di Stato. Questo esito, noto però soltanto dopo il rinnovo del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati (per la fortuna dei distributori di volantini), ha dato nuova linfa all’iniziativa dei titolari di posizioni apicali presso gli Uffici giudiziari, che hanno assunto poi ulteriori e sempre più stringenti provvedimenti sull’orario di accesso alle cancellerie.
Sull’ultimo dei quali (con decorrenza 26 settembre 2012) sempre gli stessi paladini (stavolta Consiglieri in carica) hanno proposto un nuovo ricorso al TAR: pochi sanno com’è finito perché, stavolta, la notizia la si è tenuta custodita, non si è fatto alcun volantinaggio, non ci hanno raggiunto centinaia di mail, nessuno è caduto dalla sedia.
Bene: lo svelo io, allora, che esito ha avuto il ricorso del COA. Con sentenza n. 10016 del 30 novembre 2012 il TAR del Lazio lo ha respinto con una motivazione tanto sbrigativa quanto fastidiosa (http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Roma/Sezione%201/2012/201208003/Provvedimenti/201210016_20.XML) per chi, come me, aveva pronosticato tutto dall’inizio (ecco perché decisi di intervenire nel processo, attirandomi ire funeste) e si sarebbe voluto tener tanto stretta quella vantaggiosissima intesa di cui sopra che – essendo pattizia – non si sarebbe poi potuta modificare con un atto unilaterale.
Il collega che si vantò di aver invocato la Legge n. 1196 del 1960, a fondamento del proprio ricorso, deve esserci rimasto male a leggere che, secondo i giudici di Via Flaminia, si è trattato di un “richiamo incongruo”; gli altri firmatari del gravame saranno rimasti delusi nel constatare che il TAR ha definito la loro impugnativa “manifestamente pretestuosa”. I creduloni che un anno fa hanno portato in trionfo i ricorrenti ora non sanno più a chi dar credito.
Il tempo passa, i colleghi – specie quelli creduloni – dimenticano. Ma non tutti, però. E il tempo è galantuomo….