La riforma forense in parte ancora da attuare e lo scenario critico del momento non suggeriscono salti di gioia. Anche se è forte la consapevolezza che si sia persa l’occasione per cambiare e innovare radicalmente, favorendo il lavoro e la ripresa.
Nella speranza che su tariffe, accordi, pubblicità, incompatibilità, società professionali e sul resto, in generale, si guardi rapidamente al futuro; si registra, il consolidamento “rafforzato” delle istituzioni. Cosa in sé che va salutata con successo a giudicare dal fallito golpe di azzerarli. Ma che necessita un cambiamento di mentalità che spinga per il bene comune “dell’Avvocatura” e del Cittadino e al contempo crei e sviluppi nuove risorse e opportunità di lavoro.
Nel segno delle liberalizzazioni, di fatto già attuate e non da un giorno, si è consumata sotto gli occhi di tutti una dolorosa quanto sostanziale crisi del settore e del lavoro di cui ora abbiamo toccato il fondo.
Ulteriormente aggravata dall’aumento dei costi di contributo; e da bizantinismi sui vari (filtri); i cui (fini) intenti deflattivi scoraggiando e negando l’accesso alla giustizia, non si conciliano con i valori di un Paese civile.
Interrogarsi sulle responsabilità di come si sia arrivati a tanto serve a poco.
Ma far quadrato sì. Per dare senso alla figura dell’avvocato rivendicandone il valore (esclusivo)riconosciuto dalla nostra Costituzione (24).
E’ giunta l’ora di facilitare e non negare l’accesso alla giustizia, di renderla celere, gratuita, accessibile e senza filtri a tutti e di ridefinire i confini della competenza forense.
Ampliandone l’area e i settori di riferimento, estendendo la funzione anche a quella giudiziale specie nella materia esecutiva e accertativa, e riprendersi gli interi comparti sottratti nel corso degli anni.
Siano legittimate le Istituzioni a farsi carico dei problemi e a risolverli prima che sia troppo tardi. Serve la loro solidarietà in tutti i sensi con politiche attive a sostegno della categoria unita.