«In tema di sanzioni disciplinari a carico di avvocati, il provvedimento di sospensione a tempo indeterminato all’esercizio della professione, adottato ex legibus nn.536 del 1949 e 576 del 1980 e dotato di efficacia immediata, priva, fin dal momento della sua adozione, l’avvocato che ne venga colpito, del diritto di esercitare la professione, senza che, con riferimento ad esso, possa ritenersi realizzabile l’effetto sospensivo – correlato all’impugnazione dinanzi al Consiglio nazionale forense – previsto, per i provvedimenti applicativi di altre e diverse sanzioni disciplinari, dall’art. 50, comma sesto, del r.d.l. n.1578 del 1933. Da ciò consegue l’illegittimità di un’eventuale reclamo proposto in proprio, dinanzi al Consiglio nazionale forense, dall’avvocato sospeso, avverso il provvedimento disciplinare adottato dal locale Consiglio dell’ordine. D’altra parte, la sospensione dell’iscritto all’albo, per effetto del mancato versamento dei contributi dovuti, certamente non comporta una lesione del diritto di difesa dell’interessato, il quale ben può farsi assistere nel ricorso al CNF da altro difensore, non costituendo la difesa personale l’unica soluzione percorribile, ed essendo indubbio che l’iscritto sospeso mantiene inalterata la possibilità di comparire dinnanzi al Consiglio ed, evidentemente, di interloquire personalmente attraverso dichiarazioni spontanee».
E’ quanto emerge dalla sentenza della Suprema Corte[1] alla quale è ricorso l’Avvocato che, in conseguenza del mancato pagamento dei contributi annuali dovuti per quattro annualità, a fronte del quale il COA aveva provveduto a sospendere il professionista a tempo indeterminato dall’esercizio della professione, si era visto dichiarare inammissibile il ricorso al CNF proposto dal legale medesimo con atto sottoscritto personalmente.
Gli Ermellini, richiamando la sentenza n. 9491/2004 con la quale le Sezioni Unite hanno espresso il principio di cui alla massima sopra riportata, precisano che la situazione non muta anche dopo la riforma forense, come dispone il sesto comma l’art. 29 della legge 247/2012, secondo cui «Coloro che non versano nei termini stabiliti il contributo annuale sono sospesi, previa contestazione dell’addebito e loro personale convocazione, dal consiglio dell’ordine, con provvedimento non avente natura disciplinare. La sospensione è revocata allorquando si sia provveduto al pagamento». Ciò tenuto conto che la sospensione disposta per il mancato pagamento delle quote annuali non ha natura disciplinare, non essendo vòlta a sanzionare un illecito e quindi attratta, in una logica di maggiori garanzie, nell’ambito di applicazione della sospensione della esecutività della misura disposta dal COA. Neppure la circostanza che il legale non possa difendersi da solo, costituisce lesione del diritto di difesa, potendo, l’interessato, farsi assistere, nel ricorso al CNF, da altro difensore, non essendo la difesa personale l’unica soluzione percorribile, e non essendogli impedito di comparire dinanzi al CNF e di interloquire con dichiarazioni spontanee.
Spese di giudizio compensate.
[1] Sezioni Unite Civili, 24.03.2017, n. 7666