A breve entrerà in vigore una nuova riforma che riguarda il diritto penale sostanziale e processuale in tema di querela e procedibilità.
Il 10 aprile u.s. è stato infatti approvato il D.Lgsl. n. 36/2018 che modifica le condizioni di procedibilità per alcune tipologie di reato ed entrerà in vigore dal 9 maggio p.v..
Nello specifico i reati per i quali si attiverà la riforma sono la truffa, l’appropriazione indebita, la frode informatica, le minacce, l’uccisione di animali altrui, la rilevazione del contenuto di corrispondenza, la falsificazione di comunicazioni telefoniche, la falsificazione di comunicazioni digitali.
La ratio alla base dell’intervento normativo consiste nella convinzione del legislatore che per alcuni reati l’offesa sia meno grave e che, dunque, il fatto debba essere perseguibile soltanto se vi è una dichiarazione di volontà in tal senso, rappresentata per l’appunto dalla querela.
Per quel che concerne il diritto intertemporale si profilano più ipotesi :
1) Fatti accaduti dopo il 9.5.2018: si applica la nuova normativa;
2) Fatti accaduti prima del 9.5.2018: da questa data inizia a decorrere il termine trimestrale (art. 124 c.p.p.) se la persona offesa ha già avuto notizia del fatto costituente reato.
3) Fatti accaduti prima del 9.5.2018 e processo pendente in Procura: il sostituto titolare del fascicolo dovrà informare la persona offesa che deve, se lo ritiene, fare dichiarazione di querela: in tal caso il termine di tre mesi decorre dal momento in cui al persona offesa avrà ricevuto la comunicazione.
4) Fatti accaduti prima del 9.5.2018 e processo pendente in primo grado o in appello: il Giudice informerà la persona offesa della necessità affinchè il processo prosegua di fare dichiarazione di querela ed anche in questo caso il termine sarà di tre mesi dal momento in cui l’interessato avrà ricevuto la informativa.
5) Fatti accaduti prima del 9.5.2018 e processo pendente dinanzi il Giudice di legittimità (Cassazione) : non vi è alcuna previsione ma la Suprema Corte potrebbe rimettere gli atti al giudice a quo per la verifica procedimentale.
L’obiettivo è quello di evitare che per fatti ritenuti meno gravi possano entrare in vigore interventi punitivi automatici e al contempo di fare emergere l’interesse privato alla punizione del colpevole.
Sarà quindi la persona offesa a stabilire se avviare o meno l’azione penale.