PERCORSO:
- Il concetto di abitualità nell’esercizio della professione forense;
- Regimi fiscali e regimi sostitutivi;
- L’aspetto previdenziale;
- Normativa antiriciclaggio;
- L’accertamento tributario tra studi di settore, indagini bancarie e lista selettiva.
L’obiettivo di questo percorso è quello di illustrare tutte le problematiche fiscali dell’avvocato e gli adempimenti iniziali di chi si avvia alla professione legale, sino ad evidenziare quelle attenzioni nella gestione amministrativa che, se non osservate, possono generare un controllo e l’accertamento di redditi, il più delle volte in via presuntiva.
Si tratta di un panorama sintetico, che verrà approfondito in ogni singolo punto nella successive segnalazioni, nel continuo evolversi legislativo, che accompagna il diritto tributario e il rapporto d’imposta, tra modifiche normative, sistemi di automatismo del reddito e di verifica delle capacità di spesa e di mantenimento del professionista avvocato (il concetto esprime la potenzialità delle risorse economiche e reddituali, pena l’accertamento tributario).
CAPITOLO 1:
L’iscrizione nell’albo degli avvocati, e con esso l’effettivo esercizio della professione forense, determina una serie di adempimenti di natura fiscale ed immediatamente poi previdenziale, con l’iscrizione alla cassa nazionale di previdenza ed assistenza.
Da un punto di vista tributario, il reddito dell’avvocato è inquadrato nella tipologia del lavoro autonomo (artt. 53 e 54 TUIR), (categoria dell’esercizio di arti e professioni) e come tale, salvo tassazione sostitutiva (della quale si dirà più avanti nel capitolo n.2 per l’applicazione dei regimi sostitutivi riservati agli esordi della professione ed al conseguimento di compensi inferiori ad Euro 30.000,00 per periodo d’imposta), impone l’assoggettamento alle imposte dirette ed a quelle indirette.
Per la tassazione sul reddito (Irpef) la base imponibile è determinata secondo il principio c.d. di cassa (incasso effettivo della parcella) sulla differenza tra compensi e spese inerenti la professione svolta, restando ormai delineata la sfera di applicabilità dell’imposta Irap, sul valore netto della produzione realizzato.
Dopo una serie di interventi giurisprudenziali, la Suprema Corte di Cassazione, con ribadite pronunce, ha infatti individuato nel concetto di “prevalenza organizzata” il presupposto per l’assoggettamento ad Irap, escludendo così dall’imposizione, coloro che fondano la propria attività professionale, esclusivamente sulle risorse intellettuali, senza un’organizzazione di beni e servizi e senza la dotazione di una struttura dimensionale, che ovviamente prescinde dall’utilizzo dello studio e dall’assunzione di una segretaria, essendo questi elementi minimi ed assolutamente indispensabili nella vita professionale.
L’Amministrazione Finanziaria, sul punto, è tuttavia fortemente restrittiva circa la tipicità di fascia di esenzione, limitandola a quei professionisti che lavorano in proprio, o presso altri studi, collaborando senza beni propri, utilizzando esclusivamente risorse intellettive, mentre il principio di “prevalenza organizzata”, va elaborato e rivisitato con maggiore elasticità, proprio per le caratteristiche di una tipologia tassabile quasi “imprenditoriale”, dotata di mezzi e di strutture, organizzata nella prestazione del servizio e nel funzionamento dello studio.
L’opzione per la tassazione sostitutiva, ovviamente, esclude di per sé l’assoggettamento ad Irap.
L’iscrizione nell’albo, determina il principio di abitualità tributaria e come tale impone la dotazione di una partita Iva, dalla quale risalgono obblighi dichiarativi e di versamento, nonché la tenuta dei registri contabili.
Tale iscrizione, da effettuarsi presso gli uffici territoriali delle Agenzie delle Entrate, segue il domicilio fiscale del contribuente, che può coincidere con la propria residenza, ipotesi che determina l’uso c.d. promiscuo dell’abitazione e studio professionale, può essere richiesta personalmente o tramite intermediario abilitato (in via telematica), con l’indicazione del codice di attività 69.10.10 (attività degli studi legali).
In tale fase iniziale può essere esercitata l’opzione per i regimi fiscali alternativi e sostitutivi, in relazione al possesso di requisiti di natura oggettiva e soggettiva ed in relazione alla previsione del conseguimento di un reddito annualmente non superiore ad Euro 30.000,00.
Il regime Iva, soggetto all’aliquota ordinaria del 21%, pone quale base imponibile sia diritti ed onorari che le spese forfettarie, ed esclude quelle anticipate in nome e per conto del cliente (Art. 15 del D.P.R. n. 633/73), secondo il generale principio di neutralità dell’imposta, caratterizzata anche dal requisito di “attrazione”, nel senso che sottopone ad Iva qualsiasi somma o provento derivante dall’esercizio della professione o ad esso direttamente collegabile e connesso.
Qualsiasi forma di collaborazione professionale, pone tuttavia l’obbligo di dotazione della partita Iva, in quanto l’iscrizione nell’albo è sinonimo di esercizio abituale ed esclusivo dell’attività forense in forma autonoma, associata o per le future iniziative anche in forma societaria, questione questa che porrà non pochi problemi di natura fiscale, ancora in corso di studio e valutazione.