Dell’insostenibile irrecuperabilità dei crediti italiani

L’aria che respiriamo in questa primavera che tarda a sbocciare non è fresca, anzi.
Purtroppo l’economia mondiale sta vivendo un periodo di profonda depressione ed i segnali che quotidianamente riceviamo, sia micro/macroeconomici sia politici non fanno sperare in tempi migliori a breve.


Noi Avvocati, non so se per nostra fortuna o sfortuna, siamo – non volendolo – degli osservatori privilegiati di questo panorama perché a noi si rivolgono, soprattutto in questi momenti di “vacche magre”, gli imprenditori le cui aziende sono appesantite da crediti che, allo stato, sono diventati di difficilissimo recupero e che rappresentano una componente notevole e rischiosa dei propri bilanci.

Oramai siamo abituati a sconsigliare, dopo le opportune verifiche preliminari, di dare corso ad atti di precetto su assegni o cambiali protestate nei confronti di soggetti pluriprotestati e nullatenenti ed anche quando la controparte è rappresentata da soggetti che detengono beni mobili o immobili l’esperienza (anzi meglio la sfiducia) quotidiana ci fa seriamente dubitare circa l’effettiva possibilità di recupero.

Eppure la mia esperienza professionale maturata in contesti esteri mi ha portato a conoscere delle realtà che, forse, anche in Italia dovremmo cominciare ad analizzare nel tentativo di ripensare il nostro diritto commerciale.

Da molti anni infatti mi reco nei Paesi Arabi, sia del Maghreb nordafricano sia del Medio Oriente, ed ogni Paese ha una propria visione del diritto poiché in alcuni si avverte un’influenza più marcata dell’Islam mentre in altri la visione laica dello Stato ha permesso di determinare sfere precise di competenza fra Legge Islamica e corpus normativo.

A questo secondo tipo appartiene, per esempio, la Libia il cui ordinamento giuridico è composto, oltre a norme e leggi che hanno una loro specificità, da un Codice Civile e di Procedura Civile di diretta derivazione dei nostri Codici che importammo durante l’avventura coloniale ed un Codice di Commercio di ispirazione francese.

Abituati a sentir parlare della Libia come una terra senza cultura giuridica e senza diritto, né per i Libici né per gli stranieri, sapere che esistono dei Codici può sembrare strano.
Eppure le Leggi c’erano e ci sono anche adesso, anche se di difficile osservanza prima perché c’era un contesto socio – politico caratterizzato da un regime dittatoriale ed ora perché i Libici stanno cercando di darsi un nuovo assetto istituzionale.

Tuttavia in Libia, ora come prima, si presta molta attenzione all’obbligazione di pagamento degli assegni e delle cambiali perché la firma su questi titoli rappresenta non solo un impegno commerciale ma bensì anche un impegno d’onore ed il mancato pagamento un crimine contro l’economia.

Se in Italia ci presentassimo presso la banca del nostro debitore per richiedere l’incasso di un assegno, a parte il rifiuto da parte del cassiere stante le attuali norme che impongono agli intermediari finanziari di non consentire l’incasso per contanti oltre una certa soglia, ci potrebbe essere il notevole rischio di non ottenere il pagamento del titolo per mancanza fondi; oppure l’assegno o la cambiale ci verrebbero restituiti protestati tramite la banca presso la quale abbiamo versato i titoli per la negoziazione.
E qui comincerebbe il calvario del creditore nostro Assistito.

In Libia invece cosa succede: il cassiere, verificata l’inesistenza di fondi sufficienti in tutto od in parte per pagare il titolo, appone un timbro rosso (in pratica una sorta di protesto) e riconsegna il titolo al presentatore. Questi ha due possibilità: I°) rivolgersi direttamente al debitore per ottenere il pagamento bonario e spontaneo; II°) recarsi alla “Niaba”.
Questa “Niaba” è un incrocio fra la nostra Guardia di Finanza ed il pool reati finanziari della Procura della Repubblica ed il compito istituzionale è quello di prevenire e reprimere i reati contro il sistema economico.

Una volta richiestone l’intervento a fronte di un assegno od una cambiale impagata la “Niaba” invia una pattuglia al domicilio del debitore, lo preleva e l’accompagna innanzi un Procuratore dello Stato (omologo del nostro Pubblico Ministero).
Una volta giunto in Procura al debitore viene contestato il reato di emissione di assegni a vuoto o di avere fatto protestare cambiali e, già solo per questo motivo, viene trattenuto in arresto per tre giorni.
Dopo questa iniziale custodia cautelare il debitore viene portato innanzi ad un Collegio composto di tre Giudici e qui si inizia il processo penale che, nei casi più gravi e per le recidive, può portare alla condanna fina ad un massimo di due anni di reclusione.

Ovviamente se il debitore provvede al pagamento del debito la circostanza viene valutata come un’attenuante ma non estingue il reato che è comunque perseguibile d’ufficio.

Ovviamente è impensabile prevedere di applicare un sistema simile in Italia, anche perché occorrerebbe pianificare massicci investimenti nell’edilizia carceraria, però è necessario cominciare seriamente ad immaginare un nuovo sistema sanzionatorio per gli imprenditori inaffidabili e “scientificamente” inadempienti.
Infatti questo nostro Paese non può più permettersi il lusso di avere un sistema economico al cui interno imperversano soggetti inaffidabili e pluriprotestati che, come nulla fosse, emettono assegni e cambiali a raffica (con l’evidente connivenza di un sistema bancario che dire impreparato è dire poco…[!]) tanto non corrono alcun rischio.

Questo Paese deve seriamente ripensarsi, ricostruendosi dalle fondamenta, facendo anche scelte drastiche ed approntando nuove norme in linea con la moderna società che esige la presenza di operatori economici seri ed affidabili e che possano godere di una giustizia specializzata e, soprattutto, rapida.
Forse in questa maniera riusciremo sia a dare una qualche speranza di crescita alla nostra economia sia ad attrarre i capitali stranieri che, per ora, evitano di investire in Italia data la nostra cronica e notoria inaffidabilità nel business.

Filippo Paris

Filippo Paris è Avvocato Cassazionista ed oltre all’attività di civilista è attivo nel settore dell’assistenza legale per l’internazionalizzazione delle imprese interessate ad entrare sui mercati dei Paesi Arabi. In passato ha ricoperto per vari anni l’incarico di Coordinatore Vicario della Commissione Giovani dell’Ordine degli Avvocati di Roma ed è impegnato a livello associativo facendo parte del direttivo dell’Associazione Forense Emilio Conte. È stato delegato dell’Ordine di Roma all’ultimo Congresso Nazionale Forense Straordinario di Milano.