Valida la notifica del ricorso eseguita dalla casella PEC dell’avvocato del ricorrente a quella del difensore avversario, anche senza firma digitale.
E’ quanto emerge dalla ordinanza[1] con cui gli Ermellini hanno sancito che non ha pregio l’eccepita inammissibilità del ricorso per cassazione per la nullità della notificazione eseguita a mezzo PEC dal difensore del ricorrente, perché la relata sarebbe un documento privo della firma digitale (a differenza del ricorso e della procura, a cui quella sarebbe stata apposta), «essendo stato tale documento diretto inequivocabilmente dalla casella PEC dell’avvocato del ricorrente a quella del difensore avversario, senza che abbia limitato i diritti difensivi della parte ricevente».
La Suprema Corte, all’uopo richiamando la recente giurisprudenza di legittimità[2], ha precisato che «il difetto della firma non è causa di inesistenza dell’atto», risultando, quella prescrizione, surrogabile anche attraverso altri elementi dai quali è possibile individuare l’esecutore dell’atto.
«Orbene, nella specie, la notificazione affidata a mezzo PEC la mancata forma [rectius, firma] digitale della relata non lascia alcun dubbio sulla riconducibilità alla persona dell’avv. Menzionato, attraverso la sua indicazione e l’accostamento di quel nominativo alla persona munita ritualmente della procura speciale».
[1] Sesta Sez. Civ., 14.03.2017 n. 6518
[2] Cass. Civ., Sez. III, n.10272/2015, secondo cui «tale identificazione può bene avvenire sulla base di elementi quali, come nella specie, la vidimazione dell’atto di appello a cura dell’ordine degli avvocati per consentire la notifica diretta, la sottoscrizione dell’atto di appello da parte dell’avvocato notificante, l’indicazione numero di cronologico del numero di autorizzazione dell’ordine degli avvocati ed, immediatamente in sequenza, la relazione di notifica e la firma della persona abilitata a ricevere l’atto».