Nella giornata di Domenica 19 Gennaio 2014, gli Avvocati romani hanno ricevuto la notizia della stesura di un “documento” redatto dalla “rappresentanza capitolina” al termine dei lavori della Conferenza Nazionale della Avvocatura, svoltasi a Napoli dal 16 al 18 Gennaio 2014.
Quel “documento”, intitolato “La Giustizia per i cittadini”, vede –come preambolo- la seguente dichiarazione: “L’Avvocatura continua ad aumentare numericamente –raggiungendo ormai quota 250.000- ma, contemporaneamente, registra una evidente contrazione dei redditi professionali, diventa sempre più una attività svolta da soggetti femminili ormai equiparati ai colleghi maschi, ma il cui reddito medio non supera i 15.000 euro annui.”
La prima sensazione, dopo la lettura, è quella di non aver ben capito cosa –con quella successione di parole- volessero esprimere i “nostri” rappresentanti: pertanto, mettendo in discussione la personale capacità di comprensione, si è voluto concedere il “beneficio del dubbio” ai redattori di quel documento.
Tuttavia, anche alla “seconda” lettura, la difficoltà di percezione è stata superiore alla abilità nell’afferrare il significato di quello che appariva un aforisma privo di senso.
Nemmeno l’analisi logica ha aiutato i lettori, ma non è passata inosservato quel giro di parole che vuole i “soggetti femminili ormai equiparati ai colleghi maschi” .
Non si parla –pertanto- di “Avvocati”, ma di “soggetti femminili” e di “colleghi maschi”: tra loro legati da un impietoso “ormai”, e –soprattutto- accomunati da una “equiparazione” che rinverdisce ricordi di un passato di lotte politiche.
Il dramma, in tutto questo, è che tale documento è stato ideato da iscritti nell’Albo degli Avvocati: con tanto di laurea, con tanto di superamento del relativo esame per la abilitazione, e –soprattutto- con tanto di vanto alla “rappresentanza” di migliaia di Colleghi (“soggetti femminili” e “colleghi maschi”).
ORMAI: rafforzamento dell’avverbio “ora”, volto a prolungare e a rendere definitiva –con una sfumatura di rimpianto- la definizione temporale momentanea insita nella forma semplice. “ora non c’è più niente da fare”.
Eccola, la considerazione dei “nostri” vertici capitolini.
Eccola, la verità e la sfumatura di rimpianto.
“Loro” partoriscono e sottoscrivono un documento, inutile –peraltro- e privo di proposte, ove il clou viene rappresentato da quell’ “ormai”, così violento, così pesante, così accusatorio, così discriminatorio.
E che non si venga a dire che “si sono sbagliati”, o che “non volevano dire quello che, poi, è stato pubblicato”!
L’ Avvocato non può sbagliare il senso delle parole.
“Ormai equiparati ai colleghi maschi”.
“Maschio”: dal punto di vista biologico, negli organismi a sessi separati, è l’individuo che elabora i gameti maschili destinati a fecondare i gameti femminili al fine della riproduzione. Nella specie umana, indica, in un cerchio di riferimenti tradizionali, una condizione materialmente o socialmente privilegiata con sfumatura di compiacimento, e/o una particolare vigorìa, o fierezza.
Coloro che hanno redatto “quel” documento, oltre a non avere la esatta percezione della realtà professionale, in primo luogo non hanno ben chiara la differenza tra i sostantivi “maschio”/ “uomo”, “femmina”/”donna”.
Lidia Poet, ha insegnato tanto: purtroppo, non è riuscita a far capire a determinati individui “maschi” (e che ora siedono in quei tristi e decaduti vertici di un Foro capitolino) che, nel 2014, vige il principio della PARITA’, e che le sconfitte di una Categoria allo sbando –da sempre “guidata” da rappresentanze di sesso maschile (!!)- non dipendono dal fatto che “la nostra diventa SEMPRE PIU’ una attività svolta da SOGGETTI FEMMINILI, ORMAI EQUIPARATI ai colleghi maschi”, ma –al contrario- dal fatto che chi non è in grado di dare alle parole il giusto significato che le stesse impongono, non potrà MAI avere la autorevolezza necessaria a dare alla Professione più bella del mondo, la preziosità che si merita!
Movimento Forense, Associazione Forense Emilio Conte hanno fortemente contestato quel documento: ma “i maschi” redattori non hanno voluto ascoltare, infischiandosene, le giuste mozioni al riguardo.
Il Movimento Avvocati Normali (che NON sono Avvocati “qualsiasi”), mio tramite, ritiene che la sola “ideazione” di un “documento” con tale contenuto debba suscitare sdegno: la sua pubblicazione, in più, suscita sconcerto.
Ed, allora -volendo riprendere uno slogan dal sapore antico, e nella piena stigmatizzazione di quanto è stato redatto, pubblicato e ritenuto “rimedio”- esorto tutti i miei Colleghi (uomini e donne, ma –soprattutto- Avvocati che non si vogliono arrendere e che abbiano nel loro intimo la voglia di privilegiare la Professione, la cultura, la scienza, il sapere, ed il saper PARLARE e SCRIVERE) a non rimanere silenti rispetto a tale fatto.
Non più “donna contro uomo” (… come in qualche modo si è tentato di sollecitare con la redazione di quel documento), ma “donna E uomo” contro il sistema.
Quel “sistema” che, ancora oggi, permette di pubblicare espressioni come “soggetti femminili ORMAI equiparati ai colleghi maschi”, comunque lasciando intravedere un retropensiero mai sopìto che non accetta una espansione “di genere” .
Quelli “femminili” sono “soggetti”, quelli “maschi” sono “colleghi”.
L’aggettivo “equiparati” intristisce ancora di più, quasi a voler –finalmente- prendere atto, tristemente, di un riconoscimento necessario, ma mai del tutto accreditato e/o approvato: semmai malinconicamente tollerato.
E’ questo che si è compreso dalla lettura di “quel” testo: e non è giustificabile alcun errore.
La lingua italiana è una lingua difficile: grammatica, sintassi, analisi logica e consecutio hanno regole ferree.
E gli Avvocati non devono (e non possono!) sbagliare: la parola è l’arte del mestiere.
Gli Avvocati Normali sono offesi da quanto hanno letto: soprattutto perché proveniente da chi ritiene di poterli rappresentare.
A proposito: la “Professione” è sostantivo, singolare femminile!