PROPOSTE U.I.F. DI MODIFICA DEL D.LGS. 4.3.2010 N. 28

Al Ministro della Giustizia

Prof. Avv. Paola Severino

 

c.a. Dott.ssa Chiara Mancini

 

 

 

In allegato troverà alcune proposte di modifica del D. Lgds. N° 28/2010

 

I punti salienti si possono riassumere facilmente nei seguenti:

  • abrogazione      dell’obbligatorietà della media conciliazione
  • inserimento      tra i filtri e modelli conciliativi delle controversie di una ulteriore facoltà, concessa alle      parti, di avvalersi della cosiddetta <<Negoziazione diretta      assistita>>, vale a dire un procedimento affidato interamente      agli Avvocati, che posa sancire l’intervenuto accordo su una controversia,      prima o durante il processo, godendo dell’efficacia di titolo esecutivo
  • inserimento      specifico dell’operatività delle clausole statutarie di conciliazione con riferimento      a tutti gli enti, pubblici e privati
  • previsione      dell’inutilizzabilità assoluta nel successivo eventuale giudizio di      notizie, atti e documenti dedotti in mediazione

 

L’istituto, ancora attuale, potrebbe costituire un ulteriore passo avanti per ridurre l’accesso al processo, del quale, negli ultimi anni, si è abusato, con tutti i danni che sono derivati dall’abnorme numero di liti pendenti.

 

Il processo è infatti un rimedio meno o poco efficace rispetto ad alcune categorie di rapporti, nei quali il conflitto, per essere definitivamente superato, deve poter affrontare proprio i motivi, cioè le cause profonde, che lo hanno generato E ciò, a meno di non voler riconoscere al giudice un ruolo creativo del tutto incompatibile con l’attuale assetto costituzionale, non può essere ottenuto con una sentenza, anche perché presuppone una confidenza che è il contrario del potere/dovere di giudicare, e che è possibile soltanto se non si sarà giudicati da chi la riceve.

 

In questi casi occorre un conciliatore, che ascolti le parti, ne identifichi le priorità effettive e concrete, e aiuti i confliggenti a riconoscerle e condividerle in un nuovo equilibrio d’interessi.

 

Ovviamente ciò significa che il conciliatore deve avere alcune qualità specifiche: a) empatia, cioè capacità di ascolto; b) fantasia, per mettersi nei panni di ciascuna delle parti e identificarne gli interessi, anche nascosti e impliciti; c) padronanza delle tecniche di negoziato e di comunicazione, per gestire la procedura; d) cultura giuridica, per comprendere le implicazioni legali del conflitto, poterle superare e redigere l’accordo conciliativo in modo corretto e fedele alle intenzioni delle parti.

 

Per poter interloquire in un simile contesto, anche l’avvocato che assiste la parte nella procedura dovrebbe avere le medesime caratteristiche. Sicuramente l’avvocato medio italiano potrà contare sul requisito della cultura giuridica, ma le altre qualità sono state sinora affidate alla sua sensibilità personale o curiosità intellettuale, sicché è comprensibile che una comunità formata e selezionata soprattutto nell’ottica della lite processuale si possa sentire inquieta e minacciata dalla prospettiva di portare molti conflitti fuori dal processo.

 

Tuttavia la conciliazione non può né deve essere considerata un elemento spurio o impuro della professione forense, essendo piuttosto una delle forme e dei luoghi in cui si esprime la tutela degli interessi dei cittadini, funzione professionale propria dell’avvocato.

 

Infatti, nel contesto dell’U.E. e con l’affermarsi del principio di sussidiarietà, lo Stato nazionale ha cessato di essere una fonte normativa sovrana ed esclusiva, facendo così venir meno non solo la giustificazione storica e sistematica del monopolio giurisdizionale quale potere attuativo della norma nel caso concreto, ma anche la concezione stessa del giudizio e del processo come strumento di tutela tipica e principale, se non esclusiva, degli interessi giuridicamente rilevanti.

 

In questo senso andrebbe letto il crescente interesse per i cosiddetti ADR, e in particolare per lo strumento della mediazione, che nel nostro paese ha trovato attuazione con il Dlgs 28/10.

 

Quest’ultimo presenta luci ed ombre, dovute soprattutto a una lettura riduttiva dell’istituto in chiave ancillare e deflattiva della giurisdizione, anziché in quella più corretta di altro modo per conseguire un ordine giuridico stabile.

 

Giudizio civile e mediazione, sentenza e accordo conciliativo hanno infatti il medesimo fine ultimo e rispondono a una medesima esigenza: l’equo contemperamento degli interessi delle parti, cioè la pace sociale. Con la differenza che nel giudizio tale equo contemperamento è rappresentato dalla ricerca di conformità a una norma (legale o convenzionale) data in astratto, mentre nella mediazione lo si raggiunge attraverso la composizione dei concreti interessi consensualmente ritenuti dalle parti meritevoli di tutela. Abbiamo quindi semplicemente due forme dell’ordine giuridico: un ordine dato (legge che si traduce in sentenza) e un ordine negoziato (mediazione o negoziato diretto che si traducono in accordo).

 

La normativa attuale, secondo cui una parte quantitativamente elevata di questioni è soggetta a tentativo obbligatorio di conciliazione, ha sollevato grandi rimostranze: se da un lato negoziato e mediazione, fondati sulla consensualità, appaiono antinomici con l’obbligatorietà del tentativo previsto da norma imperativa, dall’altro la giustificazione fornita alla previsione di obbligatorietà si fonda essenzialmente su finalità “educative”, dal momento che gli estensori del decreto delegato hanno ritenuto che, senza tale obbligatorietà, la mediazione sarebbe rimasta del tutto marginale in un contesto in cui si usa sottoporre a processo anche le più banali contese di cortile o le contravvenzioni da parcometro scaduto.

 

In altre parole, secondo i fautori dell’obbligatorietà, essa sarebbe l’unico mezzo idoneo a indurre in tempi ragionevolmente rapidi la società e i professionisti ad assimilare la cultura degli ADR.

 

L’argomento non è oramai più concepibile, dal momento che oggi siamo reduci dall’esperienza della media conciliazione obbligatoria, con risultati deludenti.

 

Sarebbe, piuttosto, più utile rinunciare all’imposizione e prevedere incentivi alla risoluzione stragiudiziale delle controversie.

 

In tal senso va l’idea, sostenuta non solo dall’UIF, ma anche dall’Unione Camere Civili, dall’Unione Triveneta dei Consigli degli Ordini forensi, dall’AIAF, di equiparare a scrittura privata autenticata suscettibile di omologazione la conciliazione avvenuta direttamente tra parti assistite da avvocati che sottoscrivano l’accordo conciliativo, in modo da promuovere la cultura della conciliazione tra i professionisti e al contempo far intervenire il conciliatore terzo solo quando necessario alla miglior riuscita del tentativo, limitando così al massimo gli oneri conseguenti.

 

In ogni caso, proprio il fatto che la disciplina della mediazione vada considerata un primo segnale di espansione dell’ordine negoziato rispetto al tradizionale primato dell’ordine dato, rende innanzi tutto indispensabile e ineludibile che negoziato e tecniche negoziali diventino materie trattate in modo sistematico tanto nel corso degli studi forensi che nell’ambito della formazione permanente dei professionisti già esercenti.

 

Senza un adeguamento culturale e tecnico dei professionisti legali, infatti, sarebbe velleitario aspettarsi un qualche risultato: chiunque abbia pratica esperienza di negoziato e conciliazione sa che senza e contro gli avvocati non si fanno conciliazioni stabili, e sotto questo profilo non si può sottacere che alcune norme della recente legislazione appaiano addirittura presupporre nell’avvocato un ostacolo alla mediazione.

 

D’altro canto per quanto anzidetto, assumere una posizione di totale rifiuto e delegittimazione della normativa in tema di mediazione, rischia di essere contro l’interesse degli stessi avvocati tanto sotto il profilo concettuale che sotto quello pratico: perché si accentua e agevola quel tentativo di rinchiudere l’avvocato nel ghetto del processo, lasciando tutte le attività stragiudiziali nel limbo di una generica e indifferenziata “consulenza” esercitabile da chicchessia; perché è comprensibile che, con una platea di 200.000 avvocati e il processo civile al collasso, una parte dell’ Avvocatura guardi con attenzione, se non con favore, a strumenti che consentano di dare ulteriori risposte alla domanda di tutela dei cittadini; perché i tempi attuali della giustizia sono diventati insostenibili e, nonostante i titoli dei giornali, non è vero che gli avvocati “guadagnino” dai processi lunghi.

 

Come avvocati formati al negoziato e alla mediazione, riteniamo che il Dlgs 28/10 possa essere una opportunità per cittadini e professionisti, ma che nel suo impianto presenti alcuni nodi critici da sciogliere, riferiti in particolare all’obbligatorietà/condizione di procedibilità dell’azione, nonché alla previsione dell’assistenza del difensore.

 

Raccomandiamo, infine, la necessità che sugli organismi di conciliazione e sulla formazione dei conciliatori, sia effettuato uno stringente controllo, nonchè l’introduzione delle tecniche di mediazione tra le materie obbligatorie dei corsi universitari di giurisprudenza, così come ci impegneremo a sollecitare gli organismi istituzionali forensi affinchè le tecniche di mediazione abbiano ampio spazio nella formazione professionale continua.

 

Ci auguriamo che il nostro contributo possa essere d’aiuto.

 

Restiamo a disposizione per qualsiasi necessità.

 

Cordiali saluti.

 

Roma, 19 novembre 2012

 

(Avv. Elisabetta Rampelli)

 

 

ART. 1 – dopo la lettera e) aggiungere: “f) negoziazione diretta assistita: l’attività stragiudiziale svolta dalle parti insieme o per tramite dei loro avvocati volta al raggiungimento di un accordo amichevole per comporre o prevenire una controversia”.

 

ART. 4.-  L’articolo 4 del decreto legislativo n. 28 del 2010 è sostituito dal seguente:

«Art. 4. – (Accesso alla mediazione). – 1. La domanda di mediazione relativa alle controversie di cui all’articolo 2 è presentata mediante deposito di un’istanza presso un organismo. In caso di più domande relative alla medesima controversia, la mediazione si svolge davanti all’organismo presso il quale è stata presentata la prima domanda. Per determinare il tempo della domanda si ha riguardo alla data di presentazione della domanda medesima. L’organismo successivamente adito, verificata la pendenza di precedente procedura di mediazione, dichiara di non poter procedere.

2. L’istanza di cui al comma 1 è presentata ad un organismo avente sede nella circoscrizione dell’ufficio giudiziario competente a conoscere della controversia secondo i princìpi generali del giudice naturale senza clausole derogatorie, ovvero, in mancanza di esso, ad organismo avente sede nella circoscrizione finitima di un ufficio giudiziario di pari competenza ovvero nello stesso distretto. Con patto sottoscritto in momento successivo all’insorgere della controversia, le parti possono convenire di avvalersi di un qualsiasi diverso organismo di mediazione operante nel territorio nazionale.
3. L’istanza di cui al comma 1 deve indicare l’organismo, le parti, l’oggetto e le ragioni della pretesa. Essa deve essere sottoscritta dalla parte e dall’avvocato che la assiste. L’assistenza dell’avvocato è obbligatoria per tutto il corso della procedura di mediazione.
4. Prima di adire la via giudiziaria, l’avvocato è tenuto a informare l’assistito della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione disciplinato dal presente decreto e delle agevolazioni fiscali di cui agli articoli 17 e 20. L’informazione deve essere fornita chiaramente e per iscritto e può essere contenuta nel mandato alla lite o in altro atto contenente o attestante il rapporto professionale di assistenza o rappresentanza difensiva. La mancata informazione per iscritto costituisce illecito ai sensi del codice deontologico forense. Il documento che contiene l’informazione è sottoscritto dall’assistito e deve essere allegato all’atto introduttivo di ciascuna parte dell’eventuale giudizio. Il giudice che verifica la mancata allegazione del documento informa la parte della facoltà di chiedere la mediazione».

 

ART. 5 – 1. L’articolo 5 del decreto legislativo n. 28 del 2010 comma 1 dalla parola “Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia in materia ……” fino alle parole “ L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto  a pena di decadenza o rilevata d’ufficio dal giudice non oltre la prima udienza”, è abrogato.

2. Al comma due sono abrogate  le parole “Fermo quanto previsto al comma 1 “

3. Al comma cinque sono abrogate  le parole “Fermo quanto previsto al comma 1

 

ART. 6 – 1. Al comma 2. aggiungere dopo l’ultima parola: “tuttavia se una delle parti lo richiede ha diritto, durante il periodo feriale, a una sospensione non superiore a venti giorni”.

 

ART. 8 – 1. Il comma 5 abrogato.

ART. 11 – 1. Al comma 5 dell’art. 11 è aggiunta la seguente frase:

“Le proposte eventualmente formulate dalle parti e quella formulata dal mediatore su loro richiesta hanno rilevanza solo ai fini e per gli effetti di quanto previsto dall’articolo 91, primo comma, del codice di procedura civile

 

ART. 13 –  1. L’articolo 13 del decreto legislativo n.28 del 2010 è abrogato e sostituito con il seguente:

“ART. 13 (Negoziazione diretta assistita da avvocati delle parti). 1.Le parti che assistite dai loro avvocati, raggiungono un accordo per risolvere in tutto o in parte la loro controversia, possono richiedere l’omologa di tale accordo, con ricorso da proporsi al Presidente del Tribunale o magistrato dirigente la sezione distaccata territorialmente competente secondo il codice di procedura civile, che provvede con decreto.

2. L’accordo deve essere redatto in modo completo, con dichiarazione esplicita dei diritti su cui si intende conciliare. Le dichiarazioni generiche rendono l’accordo inefficace.

3. Il decreto di omologa di cui al comma 1 costituisce titolo esecutivo e titolo per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziaria.

4. L’omologa può essere rifiutata, con provvedimento motivato, solo quando l’accordo sia contrario all’ordine pubblico e norme imperative o riguardi diritti indisponibili.

5. Se il magistrato investito dell’omologa ritiene che gli accordi non siano completi o contengano dichiarazioni generiche, convoca le parti e i loro difensori invitandoli a precisare l’accordo in modo che sia atto a costituire titolo esecutivo e titolo per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziaria.

6 La certificazione dell’autenticità delle firme e l’attestazione che il contenuto dell’accordo corrisponde alla volontà delle parti avvengono ad opera e sotto la responsabilità professionale degli avvocati che hanno partecipato alla negoziazione.

7. L’accordo omologato è esente dalle imposte di bollo o registro e da ogni tassa o diritto di ogni specie e natura. Per i compensi corrisposti agli avvocati che hanno assistito la parte nella negoziazione omologata è riconosciuto alla parte medesima un credito d’imposta, fino a concorrenza di euro 500,00 per ciascuna negoziazione.”

 

ART. 14 – 1. All’articolo 14 del decreto legislativo n. 28 del 2010, dopo il comma 3, sono aggiunti i seguenti:

« 4. Il colpevole mancato rispetto degli obblighi stabiliti nei commi 1, 2 e 3 comporta la cancellazione del mediatore dall’elenco dei mediatori di qualsiasi organismo per un tempo non inferiore ad anni cinque.

5. L’organismo di conciliazione è responsabile in solido con il mediatore, dei danni derivanti dal mancato rispetto degli obblighi medesimi».

 

ART. 16 – 1. Dopo il comma 6 dell’articolo 16 del decreto legislativo n. 28 del 2010 è aggiunto il seguente:

«7. A garanzia della loro imparzialità, gli organismi di conciliazione non debbono avere connessioni di interesse ai sensi dell’articolo 137, comma 3, del codice del consumo di cui al citato decreto legislativo n.206 del 2005 e non possono, comunque, essere direttamente o indirettamente costituiti o collegati con associazioni di categoria o imprese. I loro rappresentanti legali debbono non aver riportato condanne passate in giudicato per reati dolosi, né rivestire la qualità di imprenditore, legale rappresentante, amministratore di impresa commerciale, diversa dall’organismo di mediazione”.

 

Art. 17  1. Il comma 4 lett. d) è abrogato

2. Al comma 5 sono abrogate le parole “Quando la mediazione è condizione di procedibilità ai sensi dell’art. 5 comma 1 “.

Elisabetta Rampelli

E’ Avvocato libero professionista iscritta all’Albo dal 19 ottobre 1989, titolare di uno studio legale avviato, con esperienza giudiziale e stragiudiziale; dal 22 novembre 2001 è Patrocinante innanzi alle Giurisdizioni Supreme.
Credendo nell’alto valore sociale della funzione di Avvocato, si è occupata nel tempo delle situazioni di disagio nelle loro molteplici forme, fondando associazioni, fornendo consulenze, rivestendo ruoli apicali al loro interno.
Ha maturato una significativa esperienza nell’ambito della Pubblica Amministrazione, ma non ha tralasciato l’esperienza internazionale.
Molto attiva nella politica forense, è stata tra i soci fondatori dell’Unione Italiana Forense, fino a rivestirne la carica di Segretario Generale; è stata tra i fondatori del Coordinamento Nazionale degli Ordini Forensi Minori di cui è socio onorario.
E’ stata ed è componente di commissioni e gruppi di lavoro istituiti dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, dal Consiglio Nazionale Forense, dall’Organismo Unitario dell’Avvocatura, nel quale è stata eletta più volte componente dell’Assemblea, con incarichi apicali.
Ha partecipato come delegata a tutti i congressi forensi dal 1995 in poi, e spesso viene chiamata come relatore in convegni a contenuto sia tecnico /giuridico che politico.
Ritenendo che l’Avvocatura debba essere presente nella società, e farsi portatrice della propria cultura, è stata componente di due Commissioni Tecniche istituite dal Sindaco di Roma, è stata Presidente di Collegio arbitrale di disciplina di secondo grado presso il Ministero del Lavoro, è componente del Nucleo di valutazione del danno subito dalle vittime dell’usura e dell’estorsione presso la Prefettura di Roma.
E’ stata componente della Commissione per la riforma del Codice di Procedura Civile negli anni 2001/2002
Nel confronto esistente tra la classe politica e l’Avvocatura per avviare le riforme sulla giustizia, ha svolto un ruolo decisamente propulsivo partecipando agli incontri organizzati dalle Commissioni Giustizia di Camera e Senato, e collaborando alla stesura di vari disegni di legge tra i quali il disegno di legge sulla magistratura onoraria e i provvedimenti urgenti di riforma del codice di procedura civile.
Nella consapevolezza che la delicata funzione dell’Avvocato comporti la necessità di un continuo aggiornamento, ha partecipato a numerosi corsi ad ampio spettro, e ritenendo che un Avvocato debba diffondere il suo Sapere è stata docente in masters di specializzazione
Un sogno? Il riconoscimento specifico nella Costituzione Italiana dell’Avvocatura come soggetto di giurisdizione, e la creazione, in tutta Italia, di task forces di Avvocati organizzate dai Consigli dell’Ordine, al servizio dei deboli, e a tutela dei diritti, della Libertà e della democrazia.