Risarcimento del danno non patrimoniale

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Risarcimento danno non patrimoniale

 

Tribunale di Cagliari, 8 giugno 2016, dott. Giorgio Latti – Tizia c. Caio

 

La sentenza penale di applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 444 c.p.p., pur non contenendo un accertamento capace di fare stato nel giudizio civile, costituisce un elemento di prova liberamente valutabile dal giudice.

 

Il caso

Con atto di citazione ritualmente notificato, Tizia conveniva in giudizio Caio al fine di ottenerne la condanna al risarcimento dei danni causati dalla pubblicazione su internet di immagini gravemente diffamatorie.

In particolare, Tizia contestava a Caio di aver apposto il proprio volto sul corpo di donne nude con la tecnica del fotomontaggio e di aver caricato tali immagini su internet, rendendole facilmente accessibili dai più noti motori di ricerca.

Tizia rappresentava inoltre che Caio in data antecedente all’instaurazione del giudizio aveva patteggiato la pena a sei mesi di reclusione per il reato di diffamazione continuata.

Parte attrice concludeva domandando l’accertamento del contenuto diffamatorio delle pubblicazioni in rete effettuate da controparte, nonché la condanna di quest’ultima al risarcimento dei danni conseguenti all’evento lesivo del proprio onore, della propria reputazione, del diritto all’immagine, con particolare riguardo al patema d’animo sofferto.

Caio non si costituiva e veniva quindi dichiarato contumace.

 

La decisione

Il Tribunale di Cagliari ha accolto la domanda avanzata da Tizia, ritenendo Caio responsabile della diffamazione, operata attraverso la pubblicazione su internet di fotomontaggi di natura pornografica contenti l’immagine della parte attrice.

Il collegio ha infatti osservato che sebbene la sentenza penale di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. non contenga un accertamento capace di fare stato nel giudizio civile, essa contiene pur sempre un’ipotesi di responsabilità di cui il giudice di merito non può escludere il rilievo senza adeguatamente motivare, ben potendo fondare su di essa la prova dell’accertamento della responsabilità dell’evento.

Accertata quindi la sussistenza di presunzioni idonee a provare il danno subito dalla parte attrice, il Tribunale ha condannato la parte convenuta al risarcimento del danno non patrimoniale, determinando la liquidazione dello stesso secondo criteri equitativi.

 

I precedenti

Trib. Milano, 18 maggio 2016; Cass. 29 febbraio 2016, n. 3980; Cass. 31 marzo 2015, n. 6582; Trib. Bari, 9 settembre 2014; Cass. Sez. Un. 20 settembre 2013, n. 21591.

 

La dottrina

  1. Bavasso, I rapporti tra giudicato penale e licenziamento disciplinare – il commento, in Il lavoro nella giurisprudenza, 2014, 10, 889; A. Russo, Rilevanza del patteggiamentonel giudizio tributario, in Fisco, 2014, 35, 3483; A. Gasparre, Il valore del patteggiamento per il risarcimento civile.Ma c’e’ ancora chi non lo sa, nota a sentenza Cass. 18 aprile 2013, n. 9456, in Persona e Danno, a cura di Paolo Cendon; F. Antonacchio e N. Monfreda, Il patteggiamento della pena come elemento di prova per il giudice tributario: la sentenza n. 19251 del 30 settembre 2005, in Fisco, 2005, 46 – parte 1, 7166.

 

 

Trib. Cagliari Sez. II, Sent., 08-06-2016

DANNI IN MATERIA CIVILE E PENALE

Fatto – Diritto P.Q.M.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI CAGLIARI

SECONDA SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Giorgio Latti ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 3232/2015 promossa da:

A.V. ( C.F. (…) ) con il patrocinio dell’avv. MELONI MARIA CROCETTA,

PARTE ATTRICE

e

R.A. (C.F. (…)),

PARTE CONVENUTA CONTUMACE

Oggetto: risarcimento del danno

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

A.V. ha citato in giudizio R.A. al fine di ottenerne la condanna al risarcimento dei danni consguenti alla pubblicazione di immagini gravemente diffamatorie.

A sostegno della domanda, l’attrice ha esposto:

– di avere appreso, in data 4.12.2011, digitando in internet il proprio nome e cognome nel motore di ricerca Google che il proprio nome era stato utilizzato per denominare dei seguenti siti di contenuto pornografico …

– che, in tali siti pornografici, la foto del viso dell’esponente a mezzo di un fotomontaggio veniva apposta sul corpo di una donna nuda con il nome e cognome di “A.V.”;

– a seguito delle indagini preliminari, la Polizia Postale di Cagliari ha identificato l’autore delle condotte diffamatorie, peraltro poste in essere anche ai danni di altre due ragazze, nella persona di A.R. nato a C. il (…) e res.te in C. in viale M. n.4 , il quale, in data 12.06.2013 ha patteggiato la pena a sei mesi di reclusione per il reato di diffamazione continuata;

– di avere subito gravi conseguenze da tale condotta, ed in particolare disturbi di natura post-traumatici da stress.

L’attrice ha, quindi, domandato la condanna del convenuto al risarcimento dei danni conseguenti all’evento lesivo del proprio onore e della propria reputazione e del diritto all’immagine, con particolare riguardo al patema d’animo sofferto in relazione al contesto, alla posizione sociale, all’intensità dell’elemento psicologico, alla diffusione della notizia a mezzo internet.

Il convenuto non si è costitito ed è stato dichiarato contumace.

La domanda è fondata e deve essere accolta.

Con riguardo all’accertamento della responsabilità dell’evento, la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha pacificamente ritenuto che la sentenza penale di applicazione della pena ex art. 444 cod. proc. pen. – pur non contenendo un accertamento capace di fare stato nel giudizio civile – contiene pur sempre una ipotesi di responsabilità di cui il giudice di merito non può escludere il rilievo senza adeguatamente motivare. (Cass. Sez. L, Sentenza n. 23906 del 19/11/2007; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 26263 del 06/12/2011; Sez. 3, Sentenza n. 9456 del 18/04/2013).

Nella fattispecie in esame, la sentenza di applicazione della pena su richiesta dà atto del sequestro operato dal Compartimento della Polizia Postale della Sardegna e dell’ammissione dei fatti da parte dell’A. in sede di interrogatorio, cosicchè si può ritenere accertata la responsabilità di R.A. nella pubblicazione nel mese di dicembre 2011 nei portali internet di foto ritocchi, da lui creati mediante l’apposizione del volto della odierna attrice in immagini di natura pornografica.

In ordine al danno non patrimoniale, va anzitutto premesso che il danno biologico (vale a dire la lesione della salute), quello morale (cioè la sofferenza interiore soggettiva patita sul piano strettamente emotivo) e quello dinamico-relazionale (altrimenti definibile esistenziale, consistente nel peggioramento delle condizioni di vita quotidiane e delle abitudini, interne ed esterne, di vita quotidiana, risarcibile nel caso in cui l’illecito abbia violato diritti fondamentali della persona) costituiscono componenti dell’unitario danno non patrimoniale che, senza poter essere valutate singolarmente, devono sempre dar luogo ad una valutazione globale (Cass. civ., sez. unite, sent. 11 novembre 2008, nn. 26972-3-4-5).

Se, in conformità alla giurisprudenza pacifica della Corte di Cassazione, non vi è dubbio che il danno non patrimoniale, identificato soprattutto sotto il profilo del danno morale inteso quale “transeunte turbamento” dello stato d’animo della vittima del fatto illecito, debba essere allegato e provato, peraltro tale prova può essere fornita anche mediante presunzioni (cfr. in ultimo, Cass. civ. Sez. III, 13-01-2016, n. 339).

Nella fattispecie in esame, le conseguenze della condotta illecita del convenuto sullo stato psichico della danneggiata possono inequivocabilmente presumersi dalla portata oggettivamente offensiva della pubblicazione di immagini pornografiche con il viso della V., come, peraltro, attestato anche nella relazione della dott.ssa A.F.; oltre che, sempre sotto il profilo del danno non patrimoniale, dalla diminuzione della considerazione della persona da parte dei consociati in genere o di settori o categorie di essi con le quali essa abbia a interagire (Cass. civ., sez. I, sentenza 27 aprile 2016 n. 8397).

La liquidazione del danno morale va necessariamente operata con criteri equitativi, il ricorso ai quali è insito nella natura del danno e nella funzione del risarcimento, realizzato mediante la dazione di una somma di denaro compensativa di un pregiudizio di tipo non economico. (Cass. civ. Sez. III, 10-10-2014, n. 21424).

Nell’applicazione del criterio equitativo, occorre tenere conto, nella fattispecie in esame, dell’ampiezza della diffusione on-line delle immagini, della forma utilizzata, oggettivamente e gravemente ingiuriosa, delle conseguenti presumibili ricadute negative sulla reputazione dell’attrice, anche nell’ambito professionale e sociale, della gravità dell’effetto manipolatorio ed, infine, del grado di difficoltà della eliminazione dalla Rete del contenuto lesivo.

Tali elementi inducono a liquidare l’importo complessivo di Euro 25.000,00 per il danno non patrimoniale, comprensivo della rivalutazione monetaria e degli interessi maturati.

Nessun ulteriore profilo di danno patrimoniale è stato adeguatemente provato.

R.A. deve essere, inoltre, condannato alla rimozione a proprie spese delle immagini dell’odierna attrice a contenuto diffamatorio pubblicate nei siti Internet indicati in citazione.

Poiché, in ragione della ampiezza della diffusione, la pubblicità della decisione di merito può contribuire a riparare il danno, su istanza di parte, deve essere ordinata la pubblicità della sentenza ai sensi dell’art. 120 c.p.c. a cura e spese del soccombente, mediante inserzione per estratto del dispositivo per due volte nella testata giornalistica “Unione sarda”.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa o assorbita, così dispone:

1) accerta che R.A. è responsabile della diffamazione operata mediante la pubblicazione in siti internet di fotomontaggi di natura pornografica contenenti l’immagine di A.V.;

2) condanna R.A. al risarcimento del danno a favore di A.V. che liquida in complessivi Euro 25.000,00;

3) condanna R.A. alla rimozione a proprie spese delle immagini dell’odierna attrice a contenuto diffamatorio pubblicate nei siti Internet indicati in citazione;

4) ordina la pubblicità della sentenza ai sensi dell’art. 120 c.p.c. a cura e spese di R.A., mediante inserzione per estratto del dispositivo per due volte nella testata giornalistica “Unione sarda”;

5) condanna R.A. a rimborsare a A.V. le spese di lite, che si liquidano in Euro 6.430,00 per compensi (aumento del 33% per manifesta fondatezza ai sensi dell’art. 4, comma 8 del D.M. n. 55 del 2014), Euro 270,89 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge ed oltre alle spese della mediazione obbligatoria pari ad Euro 67,30.

Sentenza resa ex articolo 281 sexies c.p.c..

Così deciso in Cagliari, il 8 giugno 2016.

Depositata in Cancelleria il 8 giugno 2016.