A molti sarà capitato di pubblicare contenuti sulla propria pagina Facebook, che vengono “segnalati” ingiustamente. Ad alcuni sarà anche capitato di veder sospeso o cancellato il proprio profilo, senza avere modo di giustificarsi al fine di evitare l’ingiusta sanzione.
Di recente, il Tribunale di Pordenone si è trovato a pronunciarsi su un ricorso ex art. 700 c.p.c. e ex art. 614 bis c.p.c. con cui un utente, lamentando la chiusura arbitraria del proprio profilo da parte del gigante dei social, ha chiesto l’immediato ripristino del proprio profilo personale e la fissazione “… di una somma di denaro da versarsi in favore del Ricorrente per ogni giorno di ritardo nell’eseuczione del provvedimento imposto in capo alla Resistente c.d. ‘astreintes’)”.
I fatti di cui è causa
Un utente di facebook condivideva sul proprio profilo il video del punto decisivo della finale del Torneo di Wimbledon, tratto dal profilo pubblico del torneo stesso, salvo poi venire segnalato da una società estera, la Star India Private Limited, per violazione del diritto d’autore. L’utente, in buona fede, rappresentava immediatamente di aver tratto il video dalla pagina ufficiale del torneo, inviava una lettera di scuse alla società segnalatrice e rimuoveva immediatamente il video oggetto di segnalazione.
Il ravvedimento e la buona fede dell’utente, tuttavia, non sortivano gli effetti sperati. Facebook, infatti, decideva unilateralmente e senza concedere la possibilità di giustificarsi, di chiudere il suo account.
Questi, lungi dal desistere, ricorreva al Tribunale di Pordenone citando l’azienda americana, la quale tuttavia non compariva in udienza.
La decisione del Tribunale
Il Tribunale friulano, investito della questione, preliminarmente conferma la propria competenza quale foro del consumatore, richiamando sul punto la celebre sentenza Corte di Giustizia dell’Unione europea del 6 ottobre 2015, (caso C-362/14, c.d. Max Schrems).
Passando al merito, il Tribunale friulano, ravvisando la sussistenza di un vero e proprio contratto tra utente e social network, identifica tra le prestazione di Facebook quella dell’offerta “…di un preciso servizio telematico basato sul libero accesso ed utilizzo della propria piattaforma web” e ciò in conseguenza:
- delle obbligazioni assunte da Facebook al momento dell’attivazione dell’account dell’utente, tra le quali è espressamente prevista quella di garantire all’utente la “…possibilità di esprimersi e comunicare in relazione agli argomenti di interesse…”;
- di quanto sostenuto dallo stesso social network, alla punto secondo della sezione 1 delle condizioni di utilizzo: “…aiutando l’utente a trovare e a connettersi con persone, gruppi, aziende, organizzazioni e altri soggetti di interesse”.
Secondo il giudicante, Facebook, cancellando arbitrariamente il profilo dell’utente “…pur in assenza di una chiara, seria e reiterata violazione dell’utente delle condizioni contrattuali o della normativa”:
- avrebbe adottato “…un rimedio del tutto sproporzionato rispetto agli addebiti mossi…”;
- avrebbe pertanto violato “…non solo le regole contrattuali dalla stessa stabilite, ma anche il diritto di libera espressione del pensiero come tutelato dalla Costituzione”.
Il Tribunale ritiene altresì sussistenti i presupposti per l’adozione:
- tanto delle misure richieste ai sensi dell’art. 700 c.p.c., ritenendo ravvisabile la sussistenza del periculum in mora – presupposto per l’adozione del provvedimento d’urgenza di cui all’art. 700 c.p.c. – nella circostanza “…che il prolungarsi del ‘congelamento’ della pagina Facebook determina l’assoluta perdita di interesse degli utenti nei confronti della stessa e, di conseguenza la vanificazione di tutto il tempo speso e l’attività svolta dal ricorrente per la sua implementazione, con l’irrimediabile perdita dei followers finora acquisiti”;
- tanto delle c.d. “astreintes” ex art. 614 bis c.p.c., vale a dire di “…quello specifico ventaglio di strumenti di coartazione della volontà del debitore che si concretano della minaccia di sanzioni civili o penali, al fine di costringerlo ad adempiere ai suoi obblighi”, in quanto la richiesta di riattivazione dell’account utente, avrebbe natura di obbligazione incoercibile di facere – “…vale a dire da una quota di prestazione non attuabile mediante i mezzi di esecuzione forzata previsti dall’ordinamento, richiedendosi una non surrogabile attività di collaborazione o cooperazione ad opera del soggetto obbligato o di un soggetto terzo”.
Il Tribunale di Pordenone, pertanto, in accoglimento del predetto ricorso:
- “…ordina[va] a Facebook Ireland Limited l’immediato ripristino del profilo personale del Ricorrente presso il proprio portale e, per l’effetto, l’immediata riattivazione del relativo accesso alla gestione della pagina;
- “…ai sensi dell’art. 614 bis c.p.c. dispone[va] che Facebook Ireland Limited paghi al signor ___ una penale pari ad Euro 150,0 per ogni giorni di ritardo nell’esecuzione del presente procedimento…”.