A CHI SERVE IL DIMEZZAMENTO DELLA SOSPENSIONE FERIALE DEI TERMINI?

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Infatti, è evidente che non sono le ferie dei magistrati, non è la sospensione feriale il problema della giustizia civile. Non lo è! Non vi è nessuno qui dentro che pensi che, riducendo le ferie dei magistrati, risolveremo tutti i nostri problemi, ma non vi è nessuno, qui fuori, che pensi che non sia giusto far sì che non vi siano più 45 giorni di sospensione feriale, tra il 10 agosto e il 15 settembre, per una cosa così delicata e importante come il servizio della giustizia”: così parlò il Presidente Renzi il 16 settembre 2014 alla Camera dei Deputati (il grassetto è riportato e non dell’autore).

 

Il nostro premier ha parlato proprio quando è ripresa finalmente (…) l’attività ordinaria dei Tribunali dopo una lunghissima (per fortuna ultima…) sospensione feriale dei termini della durata di ben (…) 46 giorni.

 

È noto infatti che l’ennesimo decreto legge, ultimo in ordine temporale il n. 132/2014, emanato per risolvere definitivamente (!!) i problemi della nostra Giustizia, abbia dimezzato la durata della sospensione dei termini processuali, che dal prossimo anno opererà dal 6 al 31 agosto. Con il dimezzamento della sospensione dei termini, che da 46 giorni passa a 26 giorni, sarà quindi verosimile che si dimezzerà il ritardo con il quale le cause vengono decise in Italia, almeno secondo quelli che sono gli intenti di un Legislatore così ben ispirato.

 

Sono solo slogan!

 

Lo si intuisce, senza alcun particolare sforzo ermeneutico, leggendo le stesse parole del premier sopra riportate.

 

Questi da un lato afferma che né le ferie dei magistrati né la sospensione feriale rappresentano un male per la giustizia, al contempo neanche con la loro diminuzione si risolverebbero i problemi (atavici) della giustizia; dall’altro però il premier sostiene che 45 giorni di sospensione (rectius 46…) siano comunque e a prescindere troppi (senza per vero spendere una parola di spiegazione sul perché sarebbero “troppi”).

 

Onestamente non comprendo perché allora siano stati dimezzati i termini: o serve a diminuire le lungaggini del processo oppure no, delle due l’una. Se serve a diminuire, allora si potrebbe anche condividere la scelta politica di attuare questa modifica legislativa al posto di altre modifiche (mi vengono in mente, ad es., istituti deflattivi del processo, metodi transattivi ulteriori e più efficaci rispetto a quelli già previsti per risolvere stragiudizialmente le controversie, aumento della pianta organica dei magistrati e delle cancellerie con aumento della loro produttività, utilizzo degli avvocati per l’arretrato pendente presso gli uffici giudiziari od anche per il disbrigo di pratiche per cui oggi il giudice è chiamato semplicemente a far da “timbro” come, ad es., l’emissione di decreti ingiuntivi basati su registri IVA già autenticati da notaio: quante decine di migliaia di ricorsi per decreto ingiuntivo di questo tipo gravano sui tribunali e che tranquillamente potrebbero essere emessi con il visto di un avvocato, salvo poi ovviamente mantenere la successiva, ma pur sempre eventuale, fase di cognizione piena?, etc., etc.). Ma se non serve a risolvere il dramma della lunghezza dei processi, come giustamente detto dallo stesso premier, allora dove risiede la motivazione di inserire la norma che dimezza il periodo di sospensione dei termini? Appunto sono solo slogan: come accade sempre più costantemente in Italia, le riforme non si fanno strutturalmente, ma si scelgono le vie più semplici e quelle che hanno facile riflesso mediatico (“abbiamo aperto i Tribunali per un mese e mezzo in più”, “ora anche i magistrati fanno le ferie come tutti i cittadini”).

 

Come se non bastasse, la contraddizione si fa ancora più forte laddove si vogliono accostare le ferie dei magistrati con la sospensione feriale dei termini. Nulla di più sbagliato. Forse la parola “feriale” inserita nella locuzione della “sospensione dei termini” ha fuorviato i consulenti del premier (ma sarebbe indelicato sostenere ciò, quando effettivamente si parla solo di slogan e scelte legislative come quella in commento si giustificano solo per afferrare del consenso).

 

Sembra così ovvio dirlo (ma evidentemente a volte può essere utile anche ribadire l’ovvio), una cosa sono le ferie dei magistrati, tutt’altra cosa è la sospensione dei termini processuali.

 

La prima costituisce il sacrosanto diritto al riposo di una categoria di funzionari pubblici (per carità, 45 giorni di ferie non sono certo pochi).

 

La seconda è cosa diversissima: costituisce il metodo per consentire a tutti coloro i quali entrano in contatto con il mondo “giustizia” di poter godere di una certa tranquillità nel mese di agosto (mese in cui la stragrande maggior parte dell’intera popolazione italiana va in vacanza e comunque vorrebbe potersi “rilassare”). Non sembri esagerato dirlo, ma senza la sospensione feriale (anche perché questo è l’incipit verso cui andremo incontro nel futuro, non solo l’odierno dimezzamento del termine) tutti quanti noi, non solo avvocati quindi, potremo aver bisogno di rivolgerci ad un giudice – e quindi solitamente anche ad un avvocato – pure il 20 agosto (perché magari è stata fissata un udienza o perché il termine per la costituzione in giudizio scade proprio in quei giorni, etc.), anche se l’affare di cui si tratta non è “urgente” per cui l’eventuale termine di costituzione che scade, ad es., il primo settembre non comporterebbe alcuna differenza pratica, in ordine ad una velocizzazione dei tempi processuali, se invece scadesse il 16 settembre (continuando nel medesimo esempio).

 

La funzione della sospensione dello scorrere dei termini processuali risiede quindi proprio nella tutela di ogni soggetto che entri in contatto con la Giustizia. Chiaramente noi avvocati siamo i primi ad esserne interessati, ma non lo siamo, appunto, da soli, bensì insieme a tutti coloro i quali – i cittadini – sono o saranno nostri clienti, i quali si vedrebbero protagonisti di vicende processuali anche quando in altri tempi sarebbero stati sul bagnasciuga a godersi le meritate ferie, sapendo che potevano rivolgersi al proprio legale con più tranquillità.

 

Purtroppo quando si parla di Giustizia, con innumerevoli tecnicismi che involgono situazioni giuridiche rilevantissime, il rischio di essere superficiali e demagogici è sempre presente.

 

La sospensione feriale non costituiscono le ferie dell’avvocato ovvero non sono il riflesso delle ferie del magistrato. Difatti, i Tribunali non chiudono mai, al pari di ogni ufficio pubblico. Viene sospesa soltanto l’attività ordinaria, che proprio perché è tale non richiede necessariamente una trattazione urgente, anche il 20 agosto. Come ben sappiamo tutta l’attività cd. urgente (e si parla di tantissime materie sia in ambito civile che penale) non è soggetta ad alcuna sospensione e, pertanto, gli effetti di cotanta vituperata sospensione già adesso non operano (come mai hanno operato, essendo già previste le eccezioni dalla medesima norma del ’69 istitutiva di tale regime).

 

Del resto, a ben guardare nessun effetto pratico utile ci sarà dalla diminuzione della sospensione dei termini, i tempi della giustizia non muteranno infatti di un solo minuto. In agosto le cancellerie funzioneranno sempre con i presìdi e con il personale ridotto; i magistrati, come i dipendenti del Tribunale, potranno sempre prendersi le ferie quando vogliono. L’unica differenza sarà che, ad es., l’udienza che prima si sarebbe trattata il 16 settembre, ora potrà essere trattata il primo settembre: ma la successiva udienza sarà sempre rinviata di 4/6 mesi almeno, non ci sarà certo un’altra udienza lo stesso mese di settembre. Nessun risparmio di tempo quindi.

 

Potrò sembrare affetto da protagonismo, ma mi pare che l’unico effetto pratico (negativo) di tale riduzione ricadrà soltanto sulla nostra professione forense. Come è noto, grazie ai 46 giorni di sospensione feriale, a noi avvocati (che non godiamo certo di ferie retribuite, né del resto conosciamo proprio l’istituto delle ferie) era concesso di godere nel mese di agosto di un po’ di tranquillità, ben sapendo che, ad es., in questo mese non avremmo avuto udienze ovvero le scadenze processuali, come un’impugnazione, non sarebbero decorse. E la motivazione per cui la sospensione è (anzi era) di 46 giorni fino alla metà di settembre, anziché solo 30 giorni, risiedeva proprio nel fatto di poter avere, ad es., la possibilità in queste due settimane di settembre (senza quindi la spada di Damocle del termine che scorre) di preparare l’atto in scadenza o di poter studiare per bene l’udienza del 16 settembre: con l’effetto quindi di avere la possibilità di godere di una pausa estiva (certo non di ferie, dato che l’avvocato per definizione non va mai in vacanza). Da oggi sarà diverso: noi avvocati potremo avere un po’ di pausa dal 6 agosto per non più di due settimane (sempre se sarà possibile chiudere lo studio come orologi svizzeri già a partire dal primo giorno di sospensione… sfido a trovare un avvocato che già oggi riesca a farlo). Saremo obbligati, per preparare l’attività che appunto scade, ad aprire definitivamente lo studio già dal 20/25 agosto. Saremo cioè costretti ad un carico di lavoro che non accennerà a diminuire mai. Secondo qualcuno evidentemente sono sufficienti due settimane di pausa ad un avvocato, dopo che ha lavorato per undici mesi e mezzo per 10/12 ore di media al giorno. Sempre poi che in quelle due settimane “di pausa” non ci siano state comunque attività urgenti da svolgere (che per la nota legge di Murphy capita sempre).

 

Un’ultima annotazione in questo breve (e per forza di cose incompleto) scritto lo rivolgo alla categoria dei giovani avvocati – ai quali probabilmente ancora appartengo – per sottolineare che questa modifica ha ulteriore un effetto negativo anche nei loro/nostri confronti.

 

Difatti, per gli avvocati “anziani”, i quali oramai hanno una struttura solida alle spalle, con una o più segretarie, con diversi collaboratori, un tipo studio, cioè, ai quali tutti noi “giovani” ambiamo e prendiamo a riferimento quando guardiamo al nostro futuro a vent’anni di professione, probabilmente saranno già attrezzati per poter organizzare il proprio studio con relativa facilità alla nuova sospensione feriale e, quindi, potranno tenere in piena attività lo studio anche a ferragosto. Così certamente non è per chi ha cominciato da poco la professione ed ha aperto un proprio studio. Questi giovani avvocati (che per verità spesso non hanno trent’anni bensì 40 e 50 anni) non hanno segretarie, non hanno collaboratori, hanno magari soltanto una stanza in uno studio in condivisione con altri colleghi per dividersi le spese vive: questi che contano soltanto sulle proprie energie, come potranno attrezzarsi per avere da un lato la meritata pausa estiva ma dovendo avere dall’altro lo studio aperto ed in funzione già dal 20 agosto?

 

Bisognerebbe forse gridare che gli avvocati non hanno ferie, che gli attuali 26 giorni di sospensione non equivalgono ai 26 giorni di ferie che qualsiasi dipendente pubblico o privato ha. Soprattutto bisognerebbe sottolineare che la giustizia non si riforma con modifiche di questo tipo, che non hanno alcun risvolto pratico, neanche di cambiare una certa mentalità (piuttosto un luogo comune) che in estate la giustizia “chiude”.

 

La risposta quindi alla domanda con cui ho intitolato questo scritto (che costituisce più uno sfogo personale contro un modus operandi assolutamente slegato da quello che sono le singole circostanze, le quali andrebbero analizzate e risolte con proposte che non trasudino ignoranza ed incultura) sembra facile: risponde all’esigenza del politico di turno di fare facili proclami che nascondono le incapacità di una classe dirigente di attuare riforme reali della giustizia, che non prendano le mosse dagli interessi di pochi.

 

In tutto questo, è sconfortante dirlo, la nostra categoria forense non proferisce verbo.

Alessandro Romano Carratelli

Avvocato iscritto all’Albo dal gennaio 2005, esercito in proprio la professione forense prevalentemente nella città di Roma. Le materie della mia attività professionale si rivolgono principalmente al campo del contenzioso innanzi alla Giurisdizione Ordinaria, nonché quella Amministrativa e Tributaria, nelle materie del Diritto civile, concorsuale e fallimentare, amministrativo e tributario. Esercito la professione anche quale Curatore Fallimentare nonchè Custode giudiziario e legale delle procedure esecutive immobiliari, iscritto nelle liste del Tribunale di Roma. Professore a contratto in Diritto dei Beni Culturali, già cultore della materia in Diritto Privato presso la Libera Università San Pio V di Roma. Già membro della Commissione Consiliare di Diritto fallimentare e procedure concorsuali dell’Ordine degli Avvocati di Roma. Sono impegnato nella vita associativa forense e credo fermamente che bisogna avere un ruolo attivo nella richiesta di cambiamento che la nostra Professione ci impone, oggi sempre più vilipesa. Soltanto il contributo diretto di noi Avvocati, mediante una rappresentanza forte ed autorevole, può essere la chiave di volta per raggiungere risultati apprezzabili e duraturi a favore della Nostra categoria. Per questo faccio parte dell’Associazione Forense Emilio Conte, che ho avuto l'onore di presiedere.