Assegno divorzile: inammissibile il ricorso volto alla modifica delle condizioni di divorzio sulla base della mera revisione delle circostanze già valutate in sede di divorzio alla luce del nuovo orientamento giurisprudenziale sulla natura e la funzione dell’assegno divorzile – Corte di Cassazione, sez. I^, sentenza del 20 gennaio 2020 n°1119

La Suprema Corte, con la sentenza n°1119 del 20 gennaio 2020, chiarisce che il mero mutamento di natura e funzione dell’assegno divorzile, affermato con la recente sentenza n. 18287 del 2018 delle Sezioni Unite, non costituisce ex se giustificato motivo valutabile ai sensi dell’articolo 9 legge divorzio per ottenere la modifica delle condizioni di divorzio, essendo comunque necessario l’accertamento dell’esistenza di una sopravvenuta modifica delle condizioni economiche dei coniugi rispetto all’assetto patrimoniale valutato in sede di divorzio.

In particolare, gli Ermellini enunciano i seguenti, condivisibili principi:

  • “…l’interpretazione delle norme giuridiche da parte della Corte di Cassazione e, in particolare, delle Sezioni Unite mira ad una tendenziale stabilità e valenza generale, sul presupposto, tuttavia, di una efficacia non cogente ma solo persuasiva, trattandosi di attività consustanziale all’esercizio stesso della funzione giurisdizionale, sicché un mutamento di orientamento reso in sede di nomofilachia non soggiace al principio di irretroattività, non è assimilabile allo ius superveniens ed è suscettibile di essere disatteso dal giudice di merito…”;
  • come più volte affermato, “…la revisione dell’assegno divorzile di cui alla L. n. 898 del 1970, articolo 9, postula l’accertamento di una sopravvenuta modifica delle condizioni economiche degli ex coniugi idonea a mutare il pregresso assetto patrimoniale realizzato con il precedente provvedimento attributivo dell’assegno, secondo una valutazione comparativa delle condizioni suddette di entrambe le parti. In particolare, in sede di revisione, il giudice non può procedere ad una nuova ed autonoma valutazione dei presupposti o della entità dell’assegno, sulla base di una diversa ponderazione delle condizioni economiche delle parti già compiuta in sede di sentenza divorzile, ma, nel pieno rispetto delle valutazioni espresse al momento della attribuzione dell’emolumento, deve limitarsi a verificare se, ed in che misura, le circostanze, sopravvenute e provate dalle parti, abbiano alterato l’equilibrio così raggiunto e adeguare l’importo, o lo stesso obbligo della contribuzione, alla nuova situazione patrimoniale reddituale accertate” (così recentemente anche Cass. n. 787 del 2017 e n. 11177 del 2019);
  • il predetto principio si coniuga altresì “…con quello secondo cui in tema di statuizioni c.d. determinative il giudicato si forma sempre rebus sic stantibus e cioè esso è modificabile in caso di successive variazioni di fatto, le quali, per avere rilevanza, devono, poi, esser dedotte mediante l’esperimento dell’apposito procedimento di revisione, fermo restando che il diritto a percepirlo di un ex coniuge ed il corrispondente obbligo dell’altro a versarlo, nella misura e nei modi stabiliti dalla sentenza di divorzio, conservano la loro efficacia sino a quando non intervenga la modifica di tale provvedimento, rimanendo del tutto ininfluente il momento in cui di fatto sono maturati i presupposti per la modificazione o la soppressione dell’assegno, talché’ ‘in mancanza di specifiche disposizioni, in base ai principi generali relativi all’autorità, intangibilità e stabilità, per quanto temporalmente limitata (rebus sic stantibus), del precedente giudicato impositivo del contributo di mantenimento, la decisione giurisdizionale di revisione non può avere decorrenza anticipata al momento dell’accadimento innovativo, rispetto alla data della domanda di modificazione’” (così anche Cass. n. 16173 del 2015; cfr. pure Cass. n. 17689 del 2019, in tema di opposizione a precetto).
Luigi Romano

Avvocato del foro di Roma, cofondatore dello studio Legale Martignetti e Romano, docente di diritto civile nei corsi di preparazione per l’esame d’avvocato e collaboratore delle cattedre di diritto dell’Unione europea, European Judicial Systems e della Clinica legale CEDU presso l’università di Roma Tre. Ho completato i miei studi accademici con un master in Homeland Security presso il Campus Bio Medico e con un dottorato europeo in diritto di famiglia nel diritto internazionale privato dell’Unione europea tra l’università di Roma Tre, Lund University (Svezia) e la Universidad de Murcia (Spagna). Credo fermamente nella funzione sociale che l’avvocato ha l’onore e l’onere di esercitare e nello spirito di colleganza e unione che aimè sempre meno si riscontra tra le aule di Tribunale. Da poco più di un anno mi sono affacciato con passione nel mondo della politica forense assieme ad AFEC, come membro del suo rinnovato Direttivo, con la fiducia che uniti potremo ridare il lustro e il prestigio che il nostro Ordine ha avuto in passato e che deve tornare ad avere. All’interno di Afec mi occupo dell’organizzazione dei convegni, della redazione di articoli giuridici e note a sentenza, specie in ambito di diritto di famiglia, diritto civile, diritto internazionale privato e diritto dell’Unione europea.