A dissipare i dubbi è intervenuta la Suprema Corte[1] secondo cui occorre verificare, di volta in volta e in relazione alla fattispecie concreta, se il mandato di patrocinio provenga dalla stessa parte rappresentata in giudizio ovvero da un altro soggetto che abbia, pertanto, assunto a proprio carico l’obbligo del compenso.
In altri e più chiari termini, se è l’assistito, ove il giudizio debba svolgersi in una città diversa da quella della propria residenza, a conferire direttamente ad entrambi i legali il mandato di patrocinio (oltre che la procura ad litem), allora a lui spetterà l’onere di versamento del compenso. Se, invece, il nome del domiciliatario non venga inserito nella procura, e l’incarico di svolgere talune attività sia affidato dal legale, lui sì inserito nella procura, tra i due legali si instaura un altro distinto rapporto interno ed extraprocessuale regolato dalle norme di un ordinario mandato, in virtù del quale «la posizione del cliente viene assunta non dal patrocinato ma da chi ha richiesto per lui l’opera professionale …. sicché il mandato di patrocinio in favore di quest’ultimo non proviene dalla parte medesima, bensì dal primo professionista, che ha individuato e contattato il legale del foro della causa e sul quale graverà perciò l’obbligo di corrispondere il compenso».
[1] Sez. III, 30.09.2016 n. 19416