Il primo agosto 2018, nel pieno dell’estate, è giunto in Senato il disegno di legge n°735 del 2018, c.d. DDL “Pillon”, dal nome del suo primo firmatario. Il disegno di legge si pone l’obiettivo di modificare radicalmente il diritto di famiglia, partendo dalla ripartizione paritetica dei tempi di permanenza dei figli, sino alle sue conseguenze in punto di assegno di mantenimento e di assegnazione della casa familiare.
Le origini europee del DDL
Nella relazione al DDL Pillon sono presenti diversi richiami alla risoluzione n°2079 del 2015 del Consiglio d’Europa, rubricata “Equality and shared parental responsibility: the role of fathers” (equità e responsabilità genitoriale condivisa: il ruolo dei padri), e che rappresenta la pietra miliare in Europa della necessità di garantire tempi paritetici dei figli con entrambi i genitori.
Detta risoluzione, di cui l’Italia è firmataria, afferma infatti:
- che la separazione di un genitore dal figlio ha effetti irrimediabili sulla loro relazione e, pertanto, la stessa dovrebbe essere ordinata esclusivamente dall’autorità giudiziaria e solo in casi eccezionali configuranti un rischio grave per l’interesse della prole[1];
- che una responsabilità parentale condivisa aiuterebbe a superare gli stereotipi di genere relativi ai ruoli ricoperti dall’uomo e dalla donna nella famiglia, riflettendo pertanto i cambiamenti sociologici che hanno preso piede negli ultimi 50 anni[2];
- contiene infatti l’espresso invito agli Stati membri ad assicurare l’effettiva eguaglianza tra genitori anche attraverso la promozione della c.d. “shared residence”, definita quale “…forma di affidamento in cui i figli dopo la separazione della coppia genitoriale trascorrono tempi più o meno uguali presso il padre e la madre”.
Alla luce delle predette riflessioni, la risoluzione in oggetto, ancorché non vincolante, ha chiamato gli Stati membri ad una serie di adempimenti e novelle legislative, tra le quali:
- introdurre nei propri ordinamenti il principio della “shared residence” a seguito della separazione, limitando a casi eccezionali di particolare gravità (quali abusi sui minori o violenza domestica), l’adozione di forme alternative[3];
- incoraggiare e sviluppare la mediazione in tutti i casi concernenti minori[4];
- incoraggiare accordi tra i genitori al fine di permettere a questi ultimi di determinare essi stessi i principali aspetti relativi alla vita dei figli, consentendo altresì agli stessi minori di poter richiedere una revisione di detti accordi, nella misura in cui abbiano effetti sugli stessi, con particolare riferimento al luogo della loro residenza[5];
Lo scopo
Il DDL in questione, nella visione dei suoi ideatori, mira ad adeguare il diritto di famiglia alle esigenze delle sempre più frequenti famiglie mono o pluri-genitoriali, nate dalle ceneri di precedenti unioni, così come individuate dalla risoluzione n°2079 del 2015 del Consiglio d’Europa.
I firmatari del DDL hanno infatti rilevato come la legge n°54 dell’8 febbraio 2006 e la sua applicazione da parte dei tribunali nazionali abbiano di fatto portato ad un affido “condiviso” solo nella forma e non anche nella sostanza, non potendosi considerare “materialmente” condiviso quello prevedente un collocamento prevalente del minore presso uno dei due genitori con tempi di permanenza presso il genitore non collocatario inferiori al 30%.
Dati alla mano, infatti, emerge che in Italia:
- la percentuale di affidi di minori c.d. “paritetici” risulti pari ad appena 1-2 %, a fronte di medie superiori al 20% in paesi quali Belgio (20%) e Svezia (28%);
- quella di affidi “materialmente condivisi” (ovvero con tempi di permanenza presso il genitore non collocatario pari o superiori al 30%), si limiti ad appena il 3-4% dei casi, a fronte di medie superiori al 30% in paesi quali Belgio (30%) e Svezia (40%);
- quella, di contro, di affidi “materialmente esclusivi”, pari ad oltre il 90%, a fronte di medie inferiori al 50% in paesi quali Belgio (50%) e Svezia (30%).
Le principali novità
Il DDL, in estrema sintesi, mira ad apportare le seguenti significative modifiche al diritto di famiglia così come oggi lo conosciamo.
1) affido condiviso c.d. alternato
Il minore passerà, salvo che non sia contrario al suo interesse, periodi di permanenza pressoché paritetici con ciascuno dei genitori, con conseguente venir meno della figura del genitore collocatario.
2) mantenimento diretto
Quale conseguenza della ripartizione più equilibrata tra i genitori dei compiti genitoriali e del tempo da trascorrere con i figli, cambieranno anche le modalità di mantenimento dei figli. Di fatti, sarà sempre da preferire il c.d. mantenimento diretto al posto della forma indiretta, consistente nel tradizionale assegno da versare al genitore collocatario. È opportuno specificare come il mantenimento diretto riguardi solo le c.d. spese ordinarie, non già quelle straordinarie, che resteranno ripartite tra i genitori, presumibilmente in misura proporzionale rispetto alle condizioni reddito-patrimoniali dei genitori.
3) venir meno dell’assegnazione della casa familiare
Con la soppressione della figura del genitore collocatario verrà altresì meno l’assegnazione della casa familiare, che resterà nella disponibilità del proprietario. Nei casi, assai frequenti, di case cointestate, si applicherà, pertanto, la disciplina codicistica della comunione di cui agli artt. 1100 e ss. c.c. I minori avranno conseguentemente due residenze, presso le case dei rispettivi genitori.
4) mediatore familiare e coordinazione genitoriale
Viene istituzionalizzata la figura del mediatore familiare, individuandone requisiti, sancendo espressamente l’obbligo di riservatezza, definendo durata e condizioni del procedimento di coordinazione genitoriale, definita come “…processo di risoluzione alternativa delle controversie centrato sulle esigenze del minore, svolta da professionista qualificato, che integra la valutazione della situazione conflittuale, l’informazione circa i rischi del conflitto per le relazioni tra genitori e figli, la gestione del caso e degli operatori coinvolti, la gestione del conflitto ricercando l’accordo tra i genitori o fornendo suggerimenti o raccomandazioni e assumendo, previo consenso dei genitori, le funzioni decisionale”.
A riguardo, rimane da chiarire il ruolo che l’avvocato ricoprirà in sede di mediazione, essendo prevista la sola eventualità della sua presenza e la possibilità che il mediatore, su accordo delle parti, possa “chiedere” agli avvocati di non partecipare agli incontri successivi al primo incontro, salvo poi richiederne la presenza al momento della stipulazione dell’eventuale accordo.
5) piano genitoriale
Il DDl mira altresì a introdurre l’istituto del piano genitoriale, al fine di aiutare “… i genitori a evitare contrasti strumentali e a concentrarsi sulla centralità dei figli…”. Detto strumento, definito quale “…autentico strumento di lavoro sul quale padre e madre saranno chiamati a confrontarsi per individuare le concrete esigenze dei figli minori e fornire il loro contributo educativo e progettuale che riguardi i tempi e le attività della prole e i relativi capitoli di spesa”, dovrà essere puntualmente indicato dai genitori nel ricorso introduttivo. In mancanza di accordo tra i genitori, sarà il Tribunale ad approvare eventualmente il piano non condiviso presentato da uno dei genitori, a modificarlo ovvero ad adottarne uno ex novo “…determinando i tempi e le modalità della presenza dei figli presso ciascun genitore fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi dovrà contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli sulla base del costo medio dei beni e servizi per i figli individuato su base locale alla luce del costo medio della vita come calcolato dall’ISTAT, individuando le spese ordinarie, le spese straordinarie e attribuendo a ciascun genitore specifici capitoli di spesa, dando applicazione al protocollo nazionale sulle spese straordinarie”.
6) ascendenti
Il DDL, agli articoli 11 e 17, mira altresì a tutelare i rapporti dei minori con i propri ascendenti:
- consentendo agli ascendenti di “…far sentire la loro voce…” mediante un intervento “ad adiuvandum”, nelle forme di cui all’art. 105 c.p.c.;
- prevendendo la possibilità per il giudice, su istanza di parte, di adottare provvedimenti volti a conservare “…rapporti significativi con gli ascendenti e i parenti di ciascun ramo genitoriale”.
7) alienazione genitoriale
Il DDL si pone l’obiettivo di contrastare la c.d. alienazione genitoriale, prescindendo da una sua compiuta definizione e dalle polemiche sorte circa la sua esistenza.
In particolare, all’art. 17 è prevista l’applicabilità, con decreto e su istanza di parte, di uno o più provvedimenti ex art. 342 ter e quater, “nell’esclusivo interesse del minore – anche quando – pur in assenza di evidenti condotte di uno dei genitori – il figlio minore manifesti comunque rifiuto, alienazione o estraniazione con riguardo ad uno di essi”.
I precedenti in Italia
A ben vedere, il Tribunale di Brindisi, già nel 2017, aveva riformato le linee guida della sezione famiglia alla luce proprio dei principi ispiratori del DDL Pillon. Anche il Tribunale pugliese, già un anno fa, aveva fondato dette linee guida sulla presa di coscienza della mai avvenuta applicazione dei principi portanti della riforma introdotta con legge n°54 del 2006, in primis il principio della c.d. bigenitorialità, nonché del pregiudizio che il collocamento prevalente ha non solo sul legame figlio – genitore non collocatario ma anche sulla serena e corretta crescita dei figli.
Segnali favorevoli all’affidamento alternato si rinvengono anche nel Tribunale di Milano che, già due anni orsono, nella persona del noto magistrato dott. Buffone affermava in un articolo pubblicato sul sito Altalex il 13 luglio 2015 che “…salvo diversi accordi dei genitori, i figli minori hanno diritto a trascorrere pari tempi di permanenza presso l’uno e l’altro genitori a prescindere dalla residenza”.
[1] “For a parent and child, being together is an essential part of family life. Parent–child separation has irremediable effects on their relationship. Such separation should only be ordered by a court and only in exceptional circumstances entailing grave risks to the interest of the child”, in http://assembly.coe.int/nw/xml/XRef/Xref-XML2HTML-EN.asp?fileid=22220
[2] “…developing shared parental responsibility helps to trascend genter stereotypes about roles supposedly assigned to women and men within the family and is simply a reflection of the sociological changes that have taken place over the past fifty years in terms of how the private and family sphere is organised”, in http://assembly.coe.int/nw/xml/XRef/Xref-XML2HTML-EN.asp?fileid=22220
[3] “…introduce into their laws the principle of shared residence following a separation, limiting any exceptions to cases of child abuse or neglect, or domestic violence, with the amount of time for which the child lives with each parent being adjusted according to the child’s needs and interests”, in http://assembly.coe.int/nw/xml/XRef/Xref-XML2HTML-EN.asp?fileid=22220
[4] “…encourage and, where appropriate, develop mediation within the framework of judicial proceedings in family cases involving children, in particular by instituting a court-ordered mandatory information session, in order to make the parents aware that shared residence may be an appropriate option in the best interests of the child, and to work towards such a solution, by ensuring that mediators receive appropriate training and by encouraging multidisciplinary co-operation based on the “Cochem model”, in http://assembly.coe.int/nw/xml/XRef/Xref-XML2HTML-EN.asp?fileid=22220
[5] “…encourage parenting plans which enable parents to determine the principal aspects of their children’s lives themselves and introduce the possibility for children to request a review of arrangements that directly affect them, in particular their place of residence”, in http://assembly.coe.int/nw/xml/XRef/Xref-XML2HTML-EN.asp?fileid=22220