Come noto, il D.P.C.M. del 9 marzo 2020 ha reso l’intero territorio nazionale “zona rossa”, applicando le disposizioni già previste per alcune province del Nord Italia dal D.P.C.M. dell’8 marzo 2020 che, all’art. 1 prevede di “evitare ogni spostamento delle persone fisiche salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute; è consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza“.
La predetta norma ha generato in poco tempo notevole confusione, tanto negli operatori della giustizia quanto nei genitori separati, in merito alle conseguenze del predetto divieto sull’esercizio del diritto di visita del genitore non collocatario della prole.
A fronte dei predetti dubbi, il Governo, nelle FAQ diramate sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha opportunamente chiarito, in data 10 marzo 2020, che: “gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore o comunque presso l’affidatario, oppure per condurli presso di sé, sono consentiti, in ogni caso secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione o divorzio“.
Il DPCM del 22 marzo 2020
Il 22 marzo è altresì stato emanato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, un ulteriore decreto contenente ulteriori misure urgenti di contenimento sull’intero territorio nazionale, in vigore sino al 3 aprile 2020, cumulative rispetto a quelle già adottate con DPCM dell’11 marzo 2020 e con quelle previste nella sopracitata ordinanza del 22 marzo 2020 del Ministero della Salute.
Il suddetto decreto, all’art. 1, lett. b), conferma il “…divieto a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, in un comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute”, di cui alla sopracitata ordinanza del 22 marzo 2020, specificando altresì la conseguente soppressione della facoltà di spostarsi per fare “rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza”, di cui all’art. 1, lett. a) del DPCM dell’8 marzo 2020.
Così come per l’art. 1 dell’ordinanza del 22 marzo 2020 del Ministero della Salute, anche il presente decreto non prevede deroghe al suddetto decreto se non per spostamenti dettati da:
- comprovate esigenze lavorative di assoluta urgenza;
- motivi di assoluta urgenza;
- motivi di salute.
Nonostante siano trascorsi oltre 10 giorni dall’entrata in vigore del DPCM del 22 marzo 2020, ad oggi il Governo non ha ancora aggiornato la propria pagina istituzionale – http://www.governo.it/it/faq-iorestoacasa – al fine di chiarire se dette limitazioni pregiudichino o meno l’esercizio del diritto di visita qualora i genitori risiedano in due comuni separati.
La recente ordinanza del 26 marzo 2020 del T.C. di Bari
Recentemente, la Corte d’Appello di Bari si è pronunciata sull’istanza presentata da una madre, genitore collocatario della prole al fine di ottenere “…la sospensione degli incontri tra il padre [Omissis] ed il figlio minore” in quanto “…il minore è collocato presso la madre e che il padre abita in un diverso comune”.
La Corte, nell’accogliere la predetta istanza, sottolinea come:
- “…gli incontri dei minori con genitori dimoranti in comune diverso da quello di residenza dei minori stessi, non realizzano affatto le condizioni di sicurezza e prudenza di cui al D.P.C.M. 9/3/2020, ed all’ancor più restrittivo D.P.C.M. 11/3/2020, dal D.P.C.M. 21/3/2020, e, da ultimo, dal D.P.C.M. del 22/3/2020, dal momento che lo scopo primario della normativa che regola la materia, è una rigorosa e universale limitazione dei movimenti sul territorio, (attualmente con divieto di spostarsi in comuni diversi da quello di dimora), tesa al contenimento del contagio, con conseguente sacrificio di tutti i cittadini ed anche dei minori”;
- non sia verificabile, nel caso di specie, “…che nel corso del rientro il minore presso il genitore collocatario, se il minore, sia stato esposto a rischio sanitario, con conseguente pericolo per coloro che ritroverà al rientro presso l’abitazione del genitore collocatario”;
- “il diritto – dovere dei genitori e dei figli minori di incontrarsi, nell’attuale momento emergenziale, è recessivo rispetto alle limitazioni alla circolazione delle persone, legalmente stabilite per ragioni sanitarie, a mente dell’art. 16 della Costituzione, ed al diritto alla salute, sancito dall’art. 32 Cost.”.
La Corte d’Appello, alla luce delle predette considerazioni:
- ha disposto pertanto l’interruzione provvisoria del diritto di visita del padre sino al 3 aprile 2020 (ovvero sino al termine di efficacia del DPCM del 22 marzo 2020);
- ha sostituito degli
incontri con videochiamate o skype
“per periodi di tempo uguali a quelli fissati, e secondo il medesimo calendario”.
In conclusione
In senso diametralmente opposto si segnala il chiarimento offerto al Consiglio dell’Ordine di Biella da parte della Prefettura, della Questura e del Comando Provinciale dei Carabinieri, disponibile sul sito del COA – https://www.ordineavvocatibiella.it/emergenza-covid-19-diritto-di-visita-dei-figli-minori-di-genitori-separati-al-genitore-non-collocatario-dopo-il-dpcm-22-3-2020-indicazioni-delle-forze-dellordine-consultate-dal-coa/ – , ad avviso dei quali “…pur dopo il DPCM 22.3.20, il diritto di visita e di trasferimento dei minori all’altro genitore sia consentito, con l’avvertimento di portare con sé il provvedimento giudiziale che lo dispone (accordo di separazione coniugale omologato dal Tribunale, sentenza di separazione o divorzio, o ordinanza del Presidente del Tribunale che dispone in via provvisoria e urgente, le modalità di esercizio della responsabilità genitoriale e i tempi di permanenza del minore con l’uno e l’altro genitore), la autocertificazione redatta su modello ministeriale, e adottando, ovviamente, tutte le prescrizioni e cautele sul piano sanitario che conosciamo, e, comunque rimettendo al buon senso dell’adulto ogni valutazione, caso per caso, in relazione al superiore interesse del minore”.