Cassazione civile, Sezioni Unite, sentenza n°23601 del 9 ottobre 2017 – Nullo il contratto di locazione di immobili che non sia registrato così come patto di maggiorazione del canone

Le Sezioni Unite ritornano sull’annosa questione della (in)validità del contratto di locazione immobiliare di cui sia stata omessa la registrazione.

Il primo grado di giudizio

La vicenda trae origine dall’intimazione di sfratto per morosità, con contestuale citazione per la convalida, notificato dalla proprietaria di due immobili concessi in locazione ad uso commerciale ad una società con contratto del 20 ottobre 2008, registrato in data 4 novembre 2008, nel quale le parti avevano convenuto la sua efficacia retroattiva al 1° maggio dello stesso anno. La locatrice lamentava altresì il ritardato pagamento di due canoni nonché il mancato pagamento del maggior prezzo convenuto inter partes con un c.d. “atto integrativo” del contratto di locazione, registrato in data 22 gennaio 2009, in cui venivano indicati due diversi canoni, entrambi superiori a quelli risultanti nel contratto registrato:

  • un primo, pari ad € 5.500,00, definito “reale ed effettivo”, “…che avrebbe dovuto trovare applicazione nel caso che una o entrambe le parti avessero proceduto alla registrazione dell’accordo integrativo”;
  • il secondo, ridotto rispetto al primo ma maggiorato rispetto al prezzo indicato nel contratto registrato, “…sarebbe stato corrisposto dal conduttore nell’ipotesi di omessa registrazione del medesimo accordo…”.

Si costituiva in giudizio la conduttrice contestando la validità dell’accordo integrativo per violazione dell’art. 79, L. n°392/1978, oltre che tardivamente registrato.

Il giudice di primo grado, rigettata l’istanza ex art. 655 c.p.c., dopo aver disposto il mutamento del rito, statuiva che:

  • era esclusa l’inefficacia del contratto per intempestiva registrazione;
  • era da considerarsi nulla la pattuizione aggiuntiva “…in quanto contenente la illegittima previsione di un aumento automatico del canone…”;
  • a seguito dell ritardo del pagamento di due canoni, espressamente previsto contrattualmente quale causa di risoluzione, dichiarava risolto il contratto di locazione

Il giudizio dinnanzi alla Corte d’Appello

La conduttrice, impugnava detta sentenza:

  • rilevando che il ritardo nei pagamenti dei due canoni era ascrivibile all’istituto bancario, in quanto la stessa avrebbe tempestivamente disposto i bonifici, i quali, tuttavia, sarebbero stati accreditati dall’istituto oltre il termine contrattualmente previsto, invocando pertanto l’operatività dei principi di correttezza e buona fede;
  • chiedendo la riforma dell’impugnata sentenza, “…previa conferma della validità del (solo) contratto di locazione stipulato il 20 ottobre 2008”.

La Corte d’appello, investita della questione:

  • riteneva, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante e dal Tribunale, che “…la previsione contrattuale aggiuntiva di cui all’art. 2 del patto integrativo – registrato prima dell’introduzione del giudizio e ritenuto efficace dal primo Giudice con motivazione espressa e non censurata – valeva a configurarsi alla stregua di controdichiarazione attestante la simulazione relativa del prezzo, posta in essere per intuibili scopi di elusione fiscale”;
  • osservava che non era configurabile un illecito aumento dei canoni, nullo ex art. 79 L. n°392/78, “…in quanto il complesso regolamento delle rispettive posizioni patrimoniali operato dalle parti conduce(va) a ritenere di essere dinanzi ad un canone di locazione fissato sin da subito in € 5500 mensili: ne fa(ceva) fede il fatto che il contratto sottoscritto il 20 ottobre 2008 facesse retroagire i suoi effetti al primo maggio dello stesso anno, con la previsione di uno sconto in ragione della mancata registrazione dell’effettivo importo contrattuale”;
  • affermava essersi in presenza di “…un contratto sottoposto a condizione sospensiva – pienamente lecita ed anzi imposta – afferente alla misura del canone e legata alla registrazione del contratto reale”;
  • confermava pertanto la risoluzione per inadempimento del contratto di locazione;
  • condannava la società al pagamento delle differenze dovute tra canone corrisposto e quello effettivamente dovuto, pari ad € 5.500,00, in forza della scrittura integrativa.

Il ricorso per cassazione

La conduttrice, non si rassegnava, ricorrendo fino in cassazione. Depositava altresì controricorso la locatrice.

La Corte, investita della questione, si sofferma in particolare sugli effetti di un tardivo adempimento all’obbligo di registrazione del contratto di locazione, alla luce dei recenti interventi normativi.

Le riforme legislative e le interpretazioni giurisprudenziali con riferimento alle locazioni ad uso abitativo

In particolare, la Corte ripercorre nel dettaglio le numerose riforme legislative susseguitesi negli anni soffermandosi preliminarmente su quelle che hanno avuto ad oggetto le locazioni ad uso abitativo:

  • l’art. 13, co. 1, L. 431/98, ai sensi del quale “…è nulla ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione di immobili urbani superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato”;
  • l’art. 1, co. 346, L. 311/2004, ai sensi del quale “…i contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, essi non sono registrati”;
  • l’art. 3, commi 8 e 9 del d.lgs. 23/2011, il quale, ancorché non più vigente in quanto dichiarato incostituzionale per eccesso di delega, prevedeva “…un particolare regime in caso di omessa o tardiva registrazione del contratto di locazione, nonché in caso di registrazione di un contratto di comodato fittizio e di una locazione recante un canone inferiore rispetto a quello realmente pattuito: la durata del rapporto avrebbe dovuto essere legalmente rideterminata in quattro anni rinnovabili decorrenti dal momento della registrazione tardiva e il canone annuale veniva predeterminato nella misura del triplo della rendita catastale dell’immobile, ove inferiore a quella pattuita…”;
  • l’art. 1, comma 59, L. 208 del 28 dicembre 2015, il quale, recependo il contenuto del d.lgs. 23/2011, ha novellato l’art. 13 della l. 431/98, introducendo le seguenti significative modifiche: – al comma 5, “…il meccanismo di sanzione della mancata registrazione del contratto di locazione mediante la determinazione autoritativa del canone imposto, di cui all’art. 3, comma 8, d.lgs. 23 del 2011…”, nonché la previsione del “…l’obbligo unilaterale in capo al locatore di provvedere alla registrazione del contratto di locazione entro il ‘termine perentorio di trenta giorni’ (comma 1, secondo periodo) stabilendo che, in caso di inottemperanza a tale obbligo, il conduttore possa chiedere al giudice di accertare la esistenza del contratto e rideterminarne il canone in misura non superiore al valore minimo di cui al precedente art. 2”.

Una volta chiarita l’esistenza della “sanzione testuale della nullità conseguente alla omessa registrazione…”, la Corte si interroga sulla sanabilità (o meno) del negozio attraverso la tardiva registrazione, alla luce dell’art. 1423 c.c., che dispone che “…il contratto nullo non può essere convalidato, se la legge non dispone diversamente”.

La Corte, dopo aver ripercorso la giurisprudenza costituzionale e di legittimità, confermando l’orientamento di cui alla sentenza SSUU 18213 del 2015in punto di locazioni ad uso abitativo, affermano:

  • che “…la nullità prevista dall’art. 13, comma 1, della l. n. 431 del 1998 sanziona esclusivamente il patto occulto di maggiorazione del canone, oggetto di un procedimento simulatorio, mentre resta valido il contratto registrato e dovuto il canone apparente”;
  • tale patto occulto “…in quanto nullo, non è sanato dalla registrazione tardiva, vicenda extranegoziale inidonea ad influire sulla testuale (in)validità civilistica…”;
  • non la mancata registrazione dell’atto recante il prezzo reale …, ma la illegittima sostituzione di un prezzo con un altro, espressamente sanzionata di nullità, è colpita dalla previsione legislativa, secondo un meccanismo del tutto speculare a quello previsto per l’inserzione automatica di clausole in sostituzione di quelle nulle: nel caso di specie, l’effetto diacronico della sostituzione è impedito dalla disposizione normativa, sì che sarà proprio la clausola successivamente inserita in via interpretativa attraverso la controdichiarazione ad essere affetta da nullità ex lege, con conseguente, perdurante validità di quella sostituenda (il canone apparente) e dell’intero contratto”;
  • Detta invalidità negoziale assume i connotati della nullità virtuale “…attesa che la causa concreta del patto occulto, ricostruita alla luce del precedente procedimento simulatorio, illecita perché caratterizzata dalla vietata finalità di elusione fiscale e, quindi, insuscettibile di sanatoria…”.

L’applicabilità dei suddetti principi anche alle locazioni non abitative

La Suprema Corte afferma la piena applicabilità dei suddetti principi anche alle locazioni non abitative, e ciò nonostante manchi per le locazioni non abitative “…una norma espressa che sancisca la nullità testuale del patto di maggiorazione del canone, come invece espressamente previsto dall’art. 13 della legge 492/1998”:

  • alla luce della chiara lettera della disposizione normativa, che “…non solo ha reiterato la qualificazione del vizio in quegli stessi termini di nullità già utilizzati dall’art. 13 L. n. 431 del 1998 con riferimento alle sole locazioni ad uso abitativo, ma ne ha anche ampliato l’incidenza, estendendola a tutti i contratti di locazione, e altresì riferendola all’intero contratto e non soltanto al patto occulto di maggiorazione del canone”;
  • alla luce del dictum della Corte costituzionale, a mente del quale “…a mente del quale l’art. 1, comma 346 eleva la norma tributaria al rango di norma imperativa, la violazione della quale determina la nullità del negozio ai sensi dell’art. 1418 c.c.

Ad avviso della Suprema Corte:

  1. si è in presenza di una nullità riguardante “…l’intero contratto(e non per il solo patto controdichiarativo), in conseguenza non già di un vizio endonegoziale, ma (della mancanza) di un requisito extraformale costituito dall’omissione della registrazione del contratto…”;
  2. il contratto di locazione ad uso non abitativo (non diversamente, peraltro, da quello abitativo), contenente ab origine la previsione di un canone realmente convenuto e realmente corrisposto (e dunque, in assenza di qualsivoglia fenomeno simulatorio), ove non registrato nei termini di legge, è nullo ai sensi dell’art. 1, comma 346, I. n. 311 del 2004, ma, in caso di sua tardiva registrazione, da ritenersi consentita in base alle norme tributarie, sanabile, volta che il riconoscimento di una sanatoria “per adempimento” appare coerente con l’introduzione nell’ordinamento di una nullità (funzionale) “per inadempimento” (entrambi i termini da intendersi, come ovvio, in senso diverso da quello tradizionalmente riservato al momento esecutivo del rapporto negoziale);
  3. detto effetto sanante “…è destinato a retroagire alla data della conclusione del contratto”.

La Corte, da ultimo, si interroga sull’applicabilità dei suddetti principi al caso di specie, “…e cioè all’ipotesi in cui la fattispecie concreta sia costituita da un accordo simulatorio cui consegua non già la tardiva registrazione dell’intero contratto che preveda, ab origine, la corresponsione del canone reale, ma quella del solo patto dissimulato (raccordo integrativo” del caso di specie) volto ad occultare un canone maggiore, dopo che il contratto contenente il canone simulato sia stato a sua volta e previamente registrato, sulla premessa per cui la sanatoria da tardiva registrazione elimina soltanto la nullità (testuale) sopravvenuta, lasciando impregiudicata la sorte del contratto qual era fino alla violazione dell’obbligo di registrazione (inidonea a spiegare efficacia sanante su di una eventuale nullità da vizio genetico)”.

Ad avviso della giudici transtiberini, infatti, si devono distinguere due ipotesi:

  • quella della “totale omissione della registrazione del contratto contenente ab origine l’indicazione del canone realmente dovuto (in assenza, pertanto, di qualsivoglia procedimento simulatorio)…”;
  • quella “…di simulazione del canone con registrazione del solo contratto simulato recante un canone inferiore, cui acceda il cd. “accordo integrativo” con canone maggiorato (ipotesi alla quale potrebbe ancora aggiungersi quella della mancata registrazione dello stesso contratto contenente il canone simulato, oltre che del detto accordo integrativo)”.

A ciò consegue che nell’ipotesi sub 1), di contratto in toto non registrato, è lo stesso legislatore a ricollegare la sanzione dell’invalidità al comportamento illecito del locatore, consistente nella mancata registrazione del contratto;

L’ipotesi sub 2), “…di un contratto debitamente registrato, contenente un’indicazione simulata di prezzo, cui acceda una pattuizione a latere (di regola denominata “accordo integrativo”, come nel caso di specie), non registrata e destinata a sostituire la previsione negoziale del canone simulato con quella di un canone maggiore rispetto a quello formalmente risultante dal contratto registrato…”, invece:

  • dovrà invece essere ricondotta all’istituto della simulazione, conformemente a quanto affermato dalle SS.UU. del 2015 con riferimento alle locazioni ad uso abitativo;
  • “…lafattispecie della simulazione (relativa) del canone locatizio risulta affetta da un vizio genetico, attinente alla sua causa concreta, inequivocabilmente volta a perseguire lo scopo pratico di eludere (seppure parzialmente) la norma tributaria sull’obbligo di registrazione dei contratti di locazione”;
  • a seguito dell’elevazione della norma tributaria a norma imperativa, pertanto, la convenzione negoziale deve essere ritenuta “…intrinsecamente nulla, oltre che per essere stato violato parzialmente nel quantum l’obbligo di (integrale) registrazione, anche perché ab origine caratterizzata da una causa illecita per contrarietà a norma imperativa (ex art. 1418, comma 1, c.c.), tale essendo costantemente ritenuto lo stesso articolo 53 Cost. – la cui natura di norma imperativa (come tale, direttamente precettiva) è stata, già in tempi ormai risalenti, riconosciuta dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 5 del 1985; Cass. ss. uu. n. 6445 del 1985)…”;
  • essendo detta nullità qualificabile come nullità virtuale a ciò consegue la sua insanabilità in quanto derivante “…non dalla mancata registrazione (situazione suscettibile di essere sanata con il tardivo adempimento), ma, a monte, dall’illiceità della causa concreta del negozio, che una tardiva registrazione non appare idonea a sanare”.

La sorte del contratto di locazione regolarmente registrato e contenente l’indicazione del canone simulato

Ciò chiarito, la Corte si interroga sulla sorte del contratto di locazione regolarmente registrato e contenente l’indicazione del canone simulato.

A riguardo la Corte preliminarmente richiama la soluzione offerta dalle SS.UU. del 2015 con riferimento ai contratti ad uso abitativo, ad avviso del quale, la sanzione della nullità prevista dall’art. 13, comma I, della legge n°431/1998 “…colpisse non la mancata registrazione dell’atto recante il prezzo reale (attesane la precipua funzione di controdichiarazione), ma la illegittima sostituzione di un prezzo con un altro, sicché “sarà proprio la clausola successivamente inserita in via interpretativa attraverso la controdichiarazione ad essere affetta da nullità ex lege, con conseguente, perdurante validità di quella sostituenda (il canone apparente) e dell’intero contratto”.

La Corte, successivamente, interpretando l’art. 79 della legge 392/1978 quale speculare all’art. 13 della legge n°431/1998, afferma che “se in caso di omessa registrazione del contratto contenente la previsione di un canone non simulato ci si trova di fronte ad una nullità testuale ex art. 1, comma 346, I. n. 311/2004, sanabile con effetti ex tunc a seguito del tardivo adempimento all’obbligo di registrazione, nel caso di simulazione relativa del canone di locazione, e di registrazione del contratto contenente la previsione di un canone inferiore per finalità di elusione fiscale, si é in presenza, quanto al cd. “accordo integrativo”, di una nullità virtuale insanabilema non idonea a travolgere l’intero rapporto – compreso, quindi, il contratto reso ostensibile dalle parti a seguito della sua registrazione”;

Conseguentemente, “il patto di maggiorazione del canone è nullo anche se la sua previsione attiene al momento genetico, e non soltanto funzionale, del rapporto”.

Le conclusioni della Corte

Ad avviso della Corte una tale conclusione:

  • ha l’effet util di ricondurre ad unità la disciplina della nullità e della (eventuale) sanatoria di tutti i contratti di locazione, abitativi e non;
  • giustifica una sanzione più grave (nullità insanabile) rispetto a quella prevista per l’omessa registrazione dell’intero contratto (sanabile), congrua rispetto al comportamento posto in essere nelle due ipotesi (“…vizio genetico e voluto da entrambe le parti nel primo caso, un inadempimento successivo alla stipula di un contratto geneticamente valido, nel secondo caso”).

«(A) La mancata registrazione del contratto di locazione di immobili è causa di nullità dello stesso;

 (B) Il contatto di locazione di immobili, quando sia nullo per (la sola) omessa registrazione, può comunque produrre i suoi effetti con decorrenza ex tunc, nel caso in cui la registrazione sia effettuata tardivamente;

(C) E’ nullo il patto col quale le parti di un contratto di locazione di immobili ad uso non abitativo concordino occultamente un canone superiore a quello dichiarato; tale nullità vitiatur sed non vitiat, con la conseguenza che il solo patto di maggiorazione del canone risulterà insanabilmente nullo, a prescindere dall’avvenuta registrazione
Cliccare di seguito per il testo della sentenza:Cassazione civile, Sezioni Unite, sentenza n°23601 del 9 ottobre 2017

Luigi Romano

Avvocato del foro di Roma, cofondatore dello studio Legale Martignetti e Romano, docente di diritto civile nei corsi di preparazione per l’esame d’avvocato e collaboratore delle cattedre di diritto dell’Unione europea, European Judicial Systems e della Clinica legale CEDU presso l’università di Roma Tre. Ho completato i miei studi accademici con un master in Homeland Security presso il Campus Bio Medico e con un dottorato europeo in diritto di famiglia nel diritto internazionale privato dell’Unione europea tra l’università di Roma Tre, Lund University (Svezia) e la Universidad de Murcia (Spagna). Credo fermamente nella funzione sociale che l’avvocato ha l’onore e l’onere di esercitare e nello spirito di colleganza e unione che aimè sempre meno si riscontra tra le aule di Tribunale. Da poco più di un anno mi sono affacciato con passione nel mondo della politica forense assieme ad AFEC, come membro del suo rinnovato Direttivo, con la fiducia che uniti potremo ridare il lustro e il prestigio che il nostro Ordine ha avuto in passato e che deve tornare ad avere. All’interno di Afec mi occupo dell’organizzazione dei convegni, della redazione di articoli giuridici e note a sentenza, specie in ambito di diritto di famiglia, diritto civile, diritto internazionale privato e diritto dell’Unione europea.