“…in materia di notificazioni al difensore, a seguito dell’introduzione del ‘domicilio digitale’, corrispondente all’indirizzo PEC che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell’Ordine di appartenenza, secondo le previsioni di cui all’art. 16 sexies del d.l. n. 179 del 201, conv. con modif. in L. n. 221 del 2012, come modificato dal d.l. n. 90 del 2014, conv., con modif., in l. n. 114 del 2014, la notificazione dell’atto, nella specie di appello, va eseguita all’indirizzo PEC del difensore costituito risultante dal ReGIndE, pur non indicato negli atti dal difensore medesimo”.
La Suprema Corte, con l’ordinanza in commento, ha chiarito che a seguito della modifica dell’art. 125 c.p.c.:
- è stato soppresso l’obbligo di indicare negli atti di parte l’indirizzo PEC del difensore;
- il d.l. 90/2014, convertito con modificazioni nella legge 114/2014, ha inoltre aggiunto al D.L. 179/2012 l’art. 16-sexies, ai sensi del quale “salvo quanto previsto dall’articolo 366 del codice di procedura civile, quando la legge prevede che le notificazioni degli atti in materia civile al difensore siano eseguite, ad istanza di parte, presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario, alla notificazione con le predette modalità può procedersi esclusivamente quando non sia possibile, per causa imputabile al destinatario, la notificazione presso l’indirizzo di posta elettronica certificata, risultante dagli elenchi di cui all’art. 6-bis de decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, nonché del registro general e degli indirizzi elettronici, gestito dal Ministero della giustizia”;
- “…in conclusione, oggi l’unico indirizzo di posta elettronica certificata rilevante ai fini processuali è quello che il difensore ha indicato, una volta per tutte, al Consiglio dell’ordine di appartenenza”;
- a ciò consegue che “…il difensore non ha più l’obbligo di indicare negli atti di parte l’indirizzo di posta elettronica certificata, né la facoltà di indicare uno diverso da quello comunicato al Consiglio dell’ordine o di restringerne l’operatività alle sole comunicazioni di cancelleria”.
- “Il difensore deve indicare, piuttosto, il proprio codice fiscale”, in quanto “ciò vale come criterio di univoca individuazione dell’utente SICID e consente, tramite il registro pubblico UNI-PEC, di risalire all’indirizzo di posta elettronica certificata”;
- con riferimento ai soli giudizi in cassazione, resta invece fermo il contenuto dell’art. 366, co. 11, “…che prevede la domiciliazione ex lege del difensore presso la cancelleria della Corte nel caso in cui non abbia eletto domicilio nel comune di Roma, né abbia indicato il proprio indirizzo di posta elettronica”.